La propaganda è uno strumento a cui i politici odierni, specialmente quelli che promuovono la novità in qualsiasi campo, ricorrono ormai costantemente e non solo più in occasione degli appuntamenti elettorali. Ma una cosa è la propaganda, altra è la realtà.
Quindi, quando vengono annunciati fantastici abbattimenti di costi e fantastiche riduzioni di tasse, aziende e privati guardano nel portafoglio e si accorgono che continua ad essere vuoto, non riuscendo a capire il perché queste riduzioni, per loro, non si trasformino in denaro da avere a disposizione.
La risposta è molto semplice, perché qualunque piccola percentuale venga ridotta nell'imposizione diretta, aziende e privati si ritroveranno a pagare altrettanto come imposizione indiretta.
Ce lo ricorda la solita nota del fine settimana della CGIA di Mestre che, stavolta, prende in esame la bolletta relativa ai costi dell'energia che pagano, in media, le PMI, le piccole e medie aziende italiane che per numero ricoprono una fetta importante del sistema produtivo italiano.
In base a quanto pubblicato dalla CGIA, nella classifica del costo dell’energia elettrica dell’Eurozona, le piccole imprese italiane risultano essere in testa.
Anche questo è uno dei tanti primati di cui l'Italia dovrebbe fare a meno! I dati riferiti al I semestre del 2016 indicano per il nostro paese un costo di 152,6 euro ogni mille KWh, che risulta essere il 22,8% maggiore rispetto alla media degli altri Paesi Euro (124,3 euro ogni mille KWh).
Ecco alcuni esempi. Le piccole imprese italiane pagano l’elettricità il 36,9% in più rispetto al Belgio, il 38,1% in più della Spagna, il 53,7% in più della Francia e addirittura il 78,1% in più rispetto ai Paesi Bassi.
Quindi, quando poi i politici vengono a pontificare che la produttività delle imprese italiane è minore rispetto a quella di altri paesi concorrenti, bisognerebbe ricordare loro che la produttività dipende non dai lavoratori che si girano i pollici invece di lavorare, ma dagli strumenti che le aziende mettono loro a disposizione.
Però, se queste aziende devono investire i loro utili nel pagare le tasse, come possono competere, in un mondo che gli stessi politici hanno contribuito a globalizzare, con altre aziende che invece possono usufruire di costi più bassi?
Questo è quanto ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi CGIA, Paolo Zabeo: «Se guardiamo al prezzo dell’energia elettrica per le piccole imprese italiane è chiaro come la componente fiscale sia la principale imputata dei costi elevati. Si pensi che, tra il 2011 e il 2015, il gettito garantito dalla componente parafiscale degli oneri generali per il sistema elettrico è lievitata da 7,5 miliardi di euro a 15,8 miliardi di euro, aumentando quindi la tassazione sull’energia.»
C'è da aggiungere, inoltre, che le piccole imprese italiane pagano l’energia elettrica molto più delle grandi: addirittura il 67,9% in più, pur rappresentano il 99,5 per cento del totale imprese, impiegando il 67% degli addetti e producendo il 52% del valore aggiunto.