Rossella Miccio, 45 anni, presidente EMERGENCY.
È nell’organizzazione dal 2000, impegnata prima in Afghanistan è diventata, con il tempo, co-direttore dei Progetti Umanitari EMERGENCY.
È entrata attraverso uno stage, dopo la laurea in Scienze Politiche, senza sapere come sarebbe andata a finire. È ancora lì, con la stessa voglia di dire basta alla guerra. E soprattutto con lo stesso sogno di sempre: quello, un giorno, di diventare “inutili”.
Il mondo però non smette di fare guerre. E forse quello che non si vede da fuori è l’eredità che lascia un conflitto.
Essere curati è un diritto umano fondamentale e come tale deve essere riconosciuto a ogni individuo. Qual è la vostra idea di cura?Crediamo che essere curati sia un diritto umano fondamentale e che, come tale, debba essere riconosciuto a ogni individuo. Perché le cure siano veramente accessibili, devono essere completamente gratuite; perché siano efficaci, devono essere di alta qualità. Costruiamo gli ospedali dove lavoriamo per garantire il livello di cure più alto possibile: abbiamo l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro efficiente per lo staff e confortevole per i pazienti. Dotiamo ogni ospedale di un giardino, di spazi gioco per i bambini e luoghi di aggregazione: riteniamo che attraverso la bellezza sia possibile riconoscere rispetto e dignità a ogni individuo.Per capire se l'obiettivo è raggiunto, ci poniamo una semplice domanda: "Ricovererei mia madre o mio fratello in quest'ospedale?". Se la risposta è sì, significa che stiamo facendo un buon lavoro.I principi di uguaglianza, qualità e responsabilità sociale, che devono fondare i sistemi sanitari nazionali e internazionali sono stati espressi nel Manifesto per una medicina basata sui diritti umani.
Veniamo ad oggi. Il caso della Sea Watch 3, della Open Arms, il recente salvataggio della Atlanta e in genere delle navi Ong, costituiscono un'emergenza nazionale reale in un Paese dove la pressione fiscale, negli ultimi dodici mesi, è cresciuta dello 0,3%? Parlare d’immigrazione è più facile che parlare delle condizioni reali del nostro Paese?Negli ultimi anni, il tema “immigrazione” è stato strumentalizzato per distogliere l'attenzione delle persone dai reali problemi del Paese. Basti pensare che per ogni 20-25 mila immigrati che arrivano in Italia, ci sono 100-150 mila giovani diplomati o laureati che vanno via dell'Italia. Ecco, credo che questo sia un problema molto più rilevante; come la mancanza di lavoro o il lento smantellamento del sistema di welfare. Probabilmente, la politica ha perso la capacità di rispondere alle necessità delle persone ma, soprattutto, ha perso la capacità di riconoscere queste necessità. Sembra davvero strano che, nonostante la consapevolezza dei reali bisogni della popolazione, si continui ad investire energie e risorse per bloccare poche migliaia di persone che scappano dalla guerra e dalla fame, continuando a criminalizzare chi fa l'unica cosa decente e umana: quella di salvare vite umane. Come fanno le Ong e le organizzazioni che favoriscono l'integrazione e l'accoglienza sul territorio italiano.
Oggi per fortuna La Corte di Cassazione ha confermato che non avrebbero dovuto arrestare Karola Rackete per aver salvato delle vite umane. Si tratta di un verdetto importante per tutti gli operatori umanitari in quanto si è ribadito con forza istituzionale che in mare si difende la vita e i principi su cui si fondano le nostre democrazie. E dunque senza diritti non c'è libertà. Cosa ha da dichiarare Rossella Miccio?Molta soddisfazione per questa conferma, perché per EMERGENCY è stata una conferma. Abbiamo fin da subito espresso il nostro sostegno a Karola Rackete, a tutto lo staff di Sea Watch e a tutte le Ong. Da qualche mese collaboriamo con Open Arms proprio per integrare il loro team e per prestare la migliore assistenza possibile ai naufraghi. Crediamo che questa sentenza della Corte di Cassazione sia un ritorno alla normalità. Una normalità che negli ultimi anni sembrava si fosse ribaltata. Il buon senso, la logica, lo Stato di Diritto sono stati rovesciati a vantaggio di principi che non appartengono ad EMERGENCY e che, credo, non possano appartenere a nessuna società civile. Senza solidarietà, senza rispetto reciproco, senza la convinzione che il valore della vita umana vada salvato e tutelato in ogni occasione, non si vive in una società che possa dirsi pienamente umana. Quindi, ben vengano queste conferme che ci consentono di vivere in un Paese civile.
La legge che governa l'immigrazione in Italia ha affermato il valore dell'integrazione dei migranti. Tuttavia, non l'ha favorita con le necessarie risorse economiche che, invece, al 90% sono state destinate alla sicurezza. Eppure siamo impreparati ai missili dell’Iran che possono colpire bersagli in un raggio dai 300 ai 2.500 chilometri. Cosa ha da dichiarare pensando a chi ha costruito la sua fortuna elettorale difendendo i confini da chi scappa da guerre e sofferenza?Come presidente di EMERGENCY ritengo che la sicurezza di un Paese non dipenda da quante armi ha né da quale tecnologia bellica disponga. La sicurezza è un concetto molto più ampio che si basa sulla capacità di gestire le difficoltà e i conflitti attraverso gli strumenti della diplomazia e del dialogo. Quindi, non ritengo che aumentare gli investimenti nel settore bellico possa garantire maggiore sicurezza. Tutt'altro. Dopo l'11settembre la spesa militare ha subito un’impennata a livello internazionale e, per quanto riguarda l’Italia, credo che sia stata l'unica voce di bilancio che non ha mai subito tagli negli ultimi 15 anni.
Siamo più sicuri?No, siamo più incerti, abbiamo sempre più paura di spostarci e incontrarci. Dobbiamo ribaltare le prospettive, dobbiamo ritrovare la voglia di sederci attorno a un tavolo e capire quali sono i livelli minimi di rispetto e tutela dell'essere umano che società e istituzioni devono garantire.Solo così si può parlare di sicurezza e, contemporaneamente, aprirsi a un futuro senza armi e senza paura. Un futuro basato sul rispetto e la voglia di condivisione.