Nel 2010, Abu Zubaydah, tramite il suo avvocato, ha intentato una causa penale in Polonia contro i funzionari responsabili di aver  aiutato agenti dell'intelligence Usa nel trattenerlo illegalmente e torturarlo. Ciò è avvenuto in un sito utilizzato per operazioni di "extraordinary rendition" che era stato creato in Polonia.

I pubblici ministeri polacchi, a seguito della denuncia,  hanno ufficialmente chiesto agli Stati Uniti informazioni sulle loro operazioni in Polonia, ma da Washington è arrivato un netto rifiuto di fornire alcuna notizia al riguardo... per motivi di sicurezza nazionale. E lì l'indagine si è fermata.

Allora, l'avvocato di Zubaydah ha fatto appello alla Corte europea dei diritti dell'uomo, appello che ha avuto successo e ha costretto la Polonia a riaprire le indagini. Ma ancora una volta gli Stati Uniti si sono nuovamente rifiutati di fornire qualsiasi informazione sul periodo di detenzione di Zubaydah in Polonia.

L'avvocato di Zubaydah è allora andato in un tribunale americano a per chiedere la testimonianza dei due psicologi che avevano supervisionato l'interrogatorio del suo cliente. Entrambi avevano già testimoniato in precedenza sulla vicenda e, addirittura, uno di loro ha scritto un libro al riguardo.

Adesso il caso è approdato alla Corte Suprema federale, trasformata da Trump in un covo di ultraconservatori che di recente si sono distinti nel non intervenire contro una legge antiabortista licenziata in Texas in palese violazione di una precedente delibera della stessa Corte.

Nonostante ciò Joseph Margulies, questo il nome dell'avvocato, è deciso ad andare avanti.

Nello specifico, la Corte Suprema dovrà decidere se il cosiddetto segreto di Stato possa essere ancora valido per impedire che le informazioni sul caso sollevato da Abu Zubaydah vengano rivelate, attualmente, dall'amministrazione Biden. Finora, l'amministrazione Trump, prima, e l'amministrazione Biden, adesso, si sono opposte alla richiesta di Zubaydah per ottenere la testimonianza dei due psicologi.

Entrambe le amministrazioni hanno ammesso che c'è stata un'ampia copertura del ruolo della Polonia nel programma di tortura, ma sarebbe completamente diverso, hanno affermato, che il governo degli Stati Uniti confermasse uno qualsiasi dei rapporti sulla tortura o fornisse i nomi di coloro che hanno contribuito a facilitare quel programma in un altro Paese.

In attesa di conoscere quale sarà la decisione della Corte Suprema, ricordiamo che cosa è accaduto ad Abu Zubaydah.

Abu Zubaydah, 50 anni, è un cittadino palestinese attualmente detenuto dagli Stati Uniti a Guantanamo Bay.

Zubaydah è stato catturato in Pakistan nel marzo 2002 e da allora è sotto la custodia degli Usa. È stato trasferito in carceri di vari paesi, compresa la Polonia dove è stato detenuto per un anno, nell'ambito del  programma di "extraordinary rendition". In quel Paese, sotto la custodia della CIA, Zubaydah è stato torturato 83 volte con la tecnica dell'annegamento simulato e sottoposto a numerose altre tecniche di tortura, tra cui nudità forzata, privazione del sonno, confinamento in una specie di bara per 11 giorni, privazione di cibo, stare in piedi mantenenendo posizioni innaturali, subire aggressioni fisiche. Le videocassette di alcuni interrogatori di Zubaydah sono tra quelle distrutte dalla CIA nel 2005. 

Zubaydah e altri dieci detenuti sottoposti al  programma di extraordinary rendition sono poi stati trasferiti a Guantanamo nel settembre 2006. 

Il 24 luglio 2014, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato il governo polacco a pagare a Zubaydah 100.000 euro di danni, assegnandogli anche 30.000 euro per le spese legali. La Polonia ha collaborato con gli Stati Uniti, consentendo alla CIA di detenere e torturare Zubaydah all'interno dei propri confini nel 2002-2003. Zubaydah è ancora detenuto a Guantanamo senza essere stato accusato di alcun crimine e, pertanto, senza essere stato giudicato colpevole da alcun tribunale.

Adesso, la Corte Suprema deve decidere se Zubaydah potrà o meno citare in giudizio i due consulenti della CIA che hanno supervisionato la sua tortura.