Cronaca

Mentre Giorgia Meloni si diceva soddisfatta di aver ostacolato il soccorso alle navi delle ONG, una madre gettava in mare un neonato morto di freddo e di fame

Un'altra tragedia in mare si è consumata al largo di Lampedusa. Stavolta sono otto i migranti morti a bordo di un barcone in acque SaR maltesi. 50 le persone soccorse dalla Guardia costiera italiana, poi sbarcate al molo Favarolo di Lampedusa. Fra i cadaveri, vi sono anche quelli di tre donne, una delle quali incinta.

5 uomini e 3 donne sono morti di fame e di freddo. A riferirlo ai soccorritori i 42 migranti superstiti, una volta giunti all'hotspot di contrada Imbriacola.

In base ai loro racconti ci sarebbero anche due dispersi. Un neonato di 4 mesi è morto a causa del freddo e la madre, disperata, lo ha gettato in mare. Un uomo ha tentato di recuperarne il corpo, ma sarebbe annegato nel tentativo. Anche la madre del bambino sarebbe morta poco dopo. 

Poche ore prima, altri due barconi con 75 persone a bordo sono stati salvati dalla Capitaneria di porto e dalla Guardia di finanza. Sul primo natante vi erano 37 persone originarie di Camerun, Costa d'Avorio, Ghana, Guinea e Senegal, comprese 14 donne, una delle quali incinta, e un minore.

Il sindaco dell'isola, Filippo Mannino, ha lanciato un appello al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, affinché il Governo non li lasci da soli a gestire questa immane tragedia.

Mentre avveniva l'ennesima tragedia nel Mediterraneo, una soddisfattissima Meloni elencava i suoi 100 risultati prodotti nei primi 100 giorni del suo governo. Al punto 10, il contrasto all'immigrazione illegale:

"Nuove disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori. Sostegno alle vere attività di salvataggio in mare e contrasto alle attività volte a favorire l'immigrazione illegale. Le ONG dovranno portare immediatamente in un porto sicuro le persone salvate in mare, senza indugiare per giorni con migranti a bordo in attesa di riempire la capacità di trasporto".

Questo è quanto ha scritto Giorgia Meloni, che si vanta di impedire alla navi umanitarie di effettuare quanti più interventi possibili di soccorso in mare per impedire tragedie come quella sopra descritta.  

Come fa una persona, dopo quanto accaduto, a non chiedersi se non sia possibilmente responsabile di una tragedia per aver diminuito gli interventi delle navi delle ong in aiuto di quei disperati che attraversano il Mediterraneo? Come si fa ad esser soddisfatti di una misura tanto evidentemente sbagliata, quanto cinicamente crudele?

E per questo bisognerebbe applaudire un governo come quello presieduto da Giorgia Meloni?

Questa la lettera inviata dalla Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatović, al ministro dell'Intero Piantedosi per invitarlo a ritirare il decreto legge che ostacolare le operazioni di ricerca e salvataggio in mare delle ONG, di cui la Meloni è così tanto soddisfatta:

Gentile Ministro,in qualità di Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, il mio mandato è quello di promuovere l’effettiva osservanza dei diritti umani in tutti i 46 Stati membri del Consiglio d’Europa. A tal fine, mi impegno a dialogare con i governi degli Stati membri per assisterli nell’affrontare eventuali carenze nelle loro leggi e pratiche. I diritti umani dellǝ rifugiatǝ, dellǝ richiedenti asilo e dellǝ migranti sono un’area tematica centrale di questo lavoro. Le scrivo quindi in merito al Decreto Legge n. 1/2023, emanato il 2 gennaio 2023, la cui conversione in legge, a quanto mi risulta, sarà presto discussa dal Parlamento. Il nuovo decreto fornisce un quadro normativo per le navi delle ONG che effettuano operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Temo che l’applicazione di alcune di queste norme possa ostacolare la fornitura di soccorso vitale da parte delle ONG nel Mediterraneo centrale e, quindi, possa essere in contrasto con gli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e di diritto internazionale.In particolare, il Decreto prevede che le navi che hanno effettuato un soccorso debbano raggiungere senza ritardi il porto assegnato per lo sbarco. Questa disposizione, tuttavia, rischia di essere applicata in modo tale da impedire un’efficace ricerca e soccorso da parte delle navi delle ONG. Come è già successo nella pratica, la disposizione impedisce alle ONG di effettuare soccorsi multipli in mare, costringendole a ignorare altre richieste nella zona se hanno già persone a bordo, anche quando hanno ancora la capacità di effettuare un altro soccorso. Rispettando questa disposizione, i comandanti delle ONG verrebbero di fatto meno ai doveri di soccorso previsti dal diritto internazionale.Noto inoltre con preoccupazione che alle navi delle ONG sono stati assegnati porti sicuri lontani, nel Centro e Nord Italia. Questo prolunga le sofferenze delle persone soccorse in mare e ritarda indebitamente la fornitura di un’assistenza adeguata per soddisfare i loro bisogni fondamentali. Espone inutilmente le persone a bordo ai potenziali pericoli dovuti alle condizioni meteorologiche avverse. La permanenza prolungata a bordo tende a portare a un rapido deterioramento delle condizioni di salute di tutte le persone coinvolte e rischia di aggravare le condizioni dei soggetti più vulnerabili a bordo.Mi risulta che l’adozione di questa pratica sia nata dall’intenzione di garantire una migliore ridistribuzione dellǝ migranti e dellǝ richiedenti asilo sul territorio nazionale. Questo obiettivo, tuttavia, potrebbe essere raggiunto sbarcando rapidamente le persone soccorse e assicurandosi che vengano messe in atto pratiche alternative per ridistribuirle in altre zone del Paese.Inoltre, la vaghezza della nozione di “conformità ai requisiti tecnici” inclusa nel testo del decreto potrebbe comportare lunghe e ripetute ispezioni di sicurezza delle imbarcazioni delle ONG, impedendo loro di riprendere il lavoro di soccorso. In quanto Stato membro del Consiglio d’Europa, l’Italia è tenuta a creare un ambiente sicuro e favorevole allǝ difensorǝ dei diritti umani, comprese le ONG che salvano vite umane in mare. Quando sorgono problemi di conformità ai requisiti tecnici o amministrativi, questi devono essere risolti in uno spirito di cooperazione, consentendo all’imbarcazione di riprendere le sue operazioni il più rapidamente possibile.A causa della riduzione delle operazioni di ricerca e soccorso in mare gestite dagli Stati, le ONG hanno fornito un’assistenza preziosa agli Stati membri per salvare vite umane in mare. L’attuazione del decreto, insieme alla pratica di assegnare porti sicuri distanti, avrà la prevedibile conseguenza di privare la rotta migratoria più letale dell’assistenza salvavita fornita dalle ONG. Pertanto, invito il Suo governo a prendere in considerazione il ritiro del decreto o, in alternativa, ad accogliere tutte le modifiche necessarie nell’imminente dibattito parlamentare per assicurarsi che il testo sia pienamente conforme agli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e diritto internazionale.Vorrei richiamare la Sua attenzione sulla mia Raccomandazione sul Mediterraneo centrale e sul relativo rapporto di approfondimento, in cui ho sottolineato che gli Stati hanno chiari obblighi in relazione alle persone trovate in pericolo in mare, che possono anche includere l’intervento o il coordinamento di operazioni di soccorso al di là della propria zona SAR, se necessario. Ho anche ribadito che un’operazione di soccorso può considerarsi conclusa solo quando viene garantito il rapido sbarco in un “porto sicuro”, e che la “sicurezza” della destinazione deve essere conforme ai diritti umani internazionali e al diritto dei rifugiati.Il Memorandum d’intesa con il Governo libico di Accordo Nazionale, che sarà rinnovato automaticamente il 2 febbraio, svolge un ruolo centrale nel facilitare le intercettazioni di rifugiatǝ, richiedenti asilo e migranti in mare e il loro successivo ritorno in Libia. Nonostante le numerose prove che documentano le gravi violazioni dei diritti umani subite da rifugiatǝ, richiedenti asilo e migranti in Libia, finora non è stata intrapresa alcuna azione concreta per affrontare la questione. Pertanto, colgo l’occasione per ribadire il mio invito a sospendere la cooperazione con il Governo libico in materia di intercettazioni in mare e a subordinare ogni futura attività di cooperazione con Paesi terzi nel campo della migrazione a garanzie complete in materia di diritti umani, come stabilito nella mia raccomandazione sopra citata.Infine, gradirei ricevere informazioni sulle accuse sollevate da recenti notizie dei media riguardo all’esistenza di una pratica di rimpatrio di persone dall’Italia alla Grecia su navi commerciali, dove sarebbero state private della libertà in condizioni molto preoccupanti e senza aver avuto la possibilità di presentare una domanda di asilo in Italia. Ricordo che, nel 2014, la Corte Europea dei Diritti Umani, nel caso Sharifi e altri contro Italia e Grecia, ha riscontrato molteplici violazioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani in relazione a pratiche che sembrano essere molto simili a quelle recentemente denunciate. Come ho spiegato nella mia Raccomandazione sulla fine dei respingimenti in Europa, la valutazione individuale delle circostanze di ogni persona che arriva alla frontiera rimane uno strumento cruciale per garantire una protezione efficace contro il respingimento e prevenire le espulsioni collettive.Infine, ma non per questo meno importante, elogio gli sforzi straordinari intrapresi dalle autorità italiane per salvare vite in mare. Sono anche consapevole delle sfide significative che devono affrontare i Paesi che, come l’Italia, sono in prima linea nei movimenti migratori verso l’Europa. Le assicuro che continuerò a chiedere maggiore solidarietà da parte degli altri Stati membri del Consiglio d’Europa, anche attraverso la condivisione delle responsabilità per un’adeguata capacità di soccorso e la ricollocazione delle persone soccorse.Attendo con impazienza di ricevere la Sua risposta e di impegnarmi in un dialogo costruttivo volto a rafforzare il rispetto dei diritti umani in Italia, su queste e su altre questioni rilevanti, in uno spirito di sincera cooperazione.Cordiali saluti,
Dunja Mijatović


Aggiornamento. La vicenda del neonato gettato in mare dalla madre è stata poi ricostruita in modo diverso e più logico nel suo svolgimento, ancor più tragico rispetto alla precedente ricostruzione. 

È la madre che teneva in braccio il neonato ad essere deceduta a causa del freddo. A quel punto il bambino che teneva tra le braccia è caduto in mare. Un uomo nel tentativo di salvarlo si è gettato in acqua. Entrambi sono dispersi e, quasi per certo, annegati. 

E Giorgia Meloni va in giro a dire di aver messo in atto nuove disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori a sostegno delle vere attività di salvataggio in mare e in contrasto alle attività volte a favorire l'immigrazione illegale... ce ne vuole di stomaco!

Autore Roberto Castrogiovanni
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