Love Boat: il caso Costa Concordia - II Parte
Non dimentichiamo, inoltre, che anche sulla scomparsa delle gemelline Schepp si è ipotizzata una spinta in mare da parte del papà, sia pure su un traghetto e non su una megaimbarcazione.
E’ notorio, inoltre, che gli equipaggi sono assai compositi: persone di tutte le nazionalità, pagate non si sa come, se col fisso e il forfait, o il minimo e il resto da guadagnare con mance, di più non si può scrivere rispetto a quanto ci hanno sussurrato.
Le tragedie del mare non si contano; spesso hanno riguardato pescatori o, in genere, persone che vi si trovavano per lavoro. Si ricorderà il film “La tempesta perfetta”, del 2000, dove il comandante di un peschereccio, interpretato da George Clooney, metteva insieme un raccogliticcio equipaggio di marinai bisognosi di denaro e li trasportava in un dramma senza ritorno, in cerca di un pescato eccezionale che avrebbe potuto farli svoltare. Un capitolo a parte riguarderebbe le sciagure di guerra, come quella del Lusitania, nel 1915.
I concittadini, e coetanei, di chi scrive, avranno memoria della “London Valour”: mercantile britannico che, il 9 ottobre 1970 ( i giorni della più famosa alluvione), si inabissò tra i marosi, all’imbocco del porto genovese, senza che i soccorsi potessero farci nulla.
Un altro episodio epocale si verificò la sera del 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince, di proprietà della Nav.Ar.Ma., entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno. Si sviluppò un enorme incendio, alimentato dal petrolio fuoriuscito dalla petroliera, che causò la morte di tutte le 140 persone a bordo, tranne una. "Il caso Moby Prince-La strage impunita" con una ricostruzione integrale e documenti inediti ripercorre l'inchiesta della commissione del Senato che ha ribaltato le conclusioni di oltre 20 anni di inchieste e processi sull'incidente navale del 1991 a Livorno nel quale morirono 140 persone. Un racconto che comincia come un thriller al contrario per smontare le conclusioni poi rivelatesi false e che si sviluppa con una regola: "Segui il denaro" Ilfattoquotidiano.it – 8 aprile 2019 -
Di nuovo a Genova, il 7 maggio 2013, si verificò un sinistro marino, con nove morti e quattro feriti. Da Genovatoday.it : “Mentre era in corso il cambio turno presso la torre di cemento e vetro alta 54 metri, la nave del gruppo Messina, Jolly Nero, ha urtato con la poppa la banchina, colpendo e abbattendo la struttura. All'interno tredici persone. La prima vittima identificata…è stata Daniele Fratantonio. Quest'ultimo, marinaio di 30 anni originario di Rapallo, il 21 luglio 2012 aveva pubblicato questa foto sul suo profilo Facebook. L'immagine sulle prime può far pensare a un fotomontaggio. Ma invece è stata scattata dalla torre. Così Daniele commentava l'immagine. «Se anche tu vedi passare una nave a questa distanza cosa diresti?». Rivista oggi questa fotografia fa venire i brividi…”.
Nel settore dei grandi natanti indimenticabile è, ovviamente, la tragedia del Titanic, nel 1912; e l’incidente dell’Andrea Doria, nel 1956, che sprofondò nella vergogna l’incolpevole capitano, oggi lo sappiamo: perché allora Lo Stokholm, che aveva speronato gli italiani, sembrava la vittima del disastro, mentre fu il suo equipaggio a toppare e ad affondare la punta di diamante della nostra flotta mercantile.
Non potevamo esimerci da queste premesse e qualche sguardo al passato, ma la cinepresa si muove in fretta, arrivando al buio tra il 12 e il 13 gennaio 2012: quella nottataccia in cui sparì, per combinazione, Roberta Ragusa – e qualcuno, non scordiamolo, in seguito ebbe a ipotizzare di un trasporto della donna, già uccisa, verso l’isola d’Elba: circostanza improbabile, vista la baraonda scatenatasi nel frattempo.
Cosa ci hanno detto i media? La versione che conosciamo è circa la seguente.
Il gingillino Costa Concordia, costato più o meno cinquecento milioni di euro, come altre “consorelle”, vede ai comandi, dal 2006, Francesco Schettino, classe 1960, campano di spessa esperienza nel ramo e di cui pare non si fosse lamentato nessuno. Sempre in base a quanto hanno narrato le cronache, si tratta di un individuo narciso e gagà, che anche quella sera, prima dell’ultimo approdo savonese, si produce, con il suo mastodonte, nel cosiddetto “inchino”: un passaggio lento davanti all’isola del Giglio, per omaggiare gli abitanti e qualche ex dipendente della Costa, abitudine invalsa e non appannaggio di quel solo comandante.
Per qualche ragione la manovretta non funziona: chi parla di una bella bionda a distrarre il capo, chi di un fraintendimento tra lui e gli esecutori degli ordini, fatto sta che la magica star dell’acqua urta gli scogli e si inclina pericolosamente. Schettino occhi azzurri, bollato come codardo, sarebbe fuggito in barba al codice d’onore che impone, in questi casi, di sbarcare per ultimo, solo dopo aver dato il massimo per salvare i passeggeri, a costo dell’estremo sacrificio, gravemente ripreso dalla capitaneria di porto, con parole di fuoco. In tutto si contarono 32 morti.
Poiché è stato detto davvero di tutto, per esempio che c’erano più turisti di quelli nella check list o che girasse roba strana nella stiva, come era stato alluso ai tempi dell’incidente aereo a Los Roques (Venezuela 2008, italiani tra le vittime), rimandiamo ai video sulla vicenda, compresi quelli sulla onerosissima e articolata rimozione del relitto.
Non è da trascurare, per dovere di cronaca, la versione di Francesco Schettino stesso:
Davanti alle sentenze, arretriamo rispettosamente, ma ognuno ha il diritto di verificare come meglio crede.