Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 26 maggio-1 giugno 2021, rispetto alla precedente, un’ulteriore diminuzione di nuovi casi (22.412 vs 30.867) e decessi (720 vs 1.004). In netto calo anche i casi attualmente positivi (225.751 vs 268.145), le persone in isolamento domiciliare (218.570 vs 258.265), i ricoveri con sintomi (6.192 vs 8.557) e le terapie intensive (989 vs 1.323). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 720 (-28,3%)
- Terapia intensiva: -334 (-25,2%)
- Ricoverati con sintomi: -2.365 (-27,6%)
- Isolamento domiciliare: -39.695 (-15,4%)
- Nuovi casi: 22.412 (-27,4%)
- Casi attualmente positivi: -42.394 (-15,8%)
«Da 11 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma il trend in discesa dei nuovi casi, sia per la ridotta circolazione del virus, come dimostra la riduzione del rapporto positivi/casi testati, sia per la diminuzione dell’attività di testing. Da metà aprile sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media poco sopra i 100 al giorno».
Il calo dei nuovi casi settimanali si conferma in tutte le Regioni, ad eccezione di un aumento percentuale in Molise, irrilevante in valore assoluto.
«Grazie alle coperture vaccinali di anziani e fragili – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua il progressivo svuotamento degli ospedali. L’occupazione dei posti letto COVID a livello nazionale si attesta al 10% in area medica e all’11% in terapia intensiva, con tutte le Regioni sotto le soglie di allerta».
In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 6.192 (-78,9%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 989 (-73,6%). Scende meno rapidamente la curva delle persone in isolamento domiciliare: dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 218.570 (-59,6%).
«Gli ingressi in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – scendono da 9 settimane con una media mobile a 7 giorni che si attesta a 36 ingressi/die».
In questa fase di diminuita circolazione del virus e allentamento della pressione sugli ospedali si rilevano due criticità: da un lato la riduzione dell’attività di testing che attesta la rinuncia al tracciamento dei casi, dall’altro una rilevante eterogeneità regionale nell’attività di sequenziamento. In dettaglio:
- Testing: il numero di persone testate settimanalmente, stabile sino alla prima decade di maggio, si è ridotto nelle ultime 3 settimane da 662.549 a 439.467 (-33,7%). E nello stesso periodo sono state testate, con tampone molecolare o antigenico, in media 120 persone/die per 100.000 abitanti con nette differenze regionali: da 199 del Lazio a 49 della Puglia. «Purtroppo – spiega Cartabellotta – i criteri per conquistare e mantenere la zona bianca, introdotti con il DL 18 maggio 2021 n. 65, disincentivano le Regioni a potenziare le attività di testing e a riprendere il tracciamento, proprio nel momento in cui i numeri del contagio permetterebbero di utilizzare un’arma mai adeguatamente utilizzata».
- Sequenziamento: nel bollettino Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità riporta che nel periodo 28 dicembre 2020-19 maggio 2021 è stato sequenziato l’1,11% (n. 23.170) dei casi positivi. Da febbraio 2021 vengono sequenziati oltre 1.000 casi settimanali, in linea con gli standard dell’European Centre for Disease and Control, seppure con performance regionali molto eterogenee: dal 6,05% dell’Abruzzo allo 0,09% del Piemonte. «Un’insufficiente attività di sequenziamento – precisa Cartabellotta – non consente di identificare le varianti più contagiose se non dopo l’aumento dei casi, né di adeguare le strategie vaccinali se necessario. Ad esempio sulla variante delta (indiana) più contagiosa del 20-60%, l’efficacia di una sola dose di vaccino sulla malattia sintomatica si attesta intorno al 33% sia per il vaccino Pfizer che AstraZeneca, mentre dopo il ciclo completo sale rispettivamente all’88% e al 60%».
Vaccini: forniture. Al 2 giugno (aggiornamento ore 6.08) risultano consegnate 39.958.409 dosi, pari al 52,4% di quelle previste per il 1° semestre 2021.
«Nonostante l’incremento di consegne nell’ultima settimana – spiega il Presidente – per rispettare le forniture previste dal Piano vaccinale entro fine giugno mancano ancora 36,3 milioni di dosi, un numero di consegne non realistico, come ribadiamo da settimane».
Infatti, il Commissario Straordinario ha annunciato che a giugno le Regioni riceveranno oltre 20 milioni di dosi, un quantitativo che chiuderebbe il consuntivo delle forniture trimestrali con circa 15 milioni di dosi in meno rispetto alle previsioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 2 giugno (aggiornamento ore 6.08), il 40,3% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 23.852.541) e il 20,7% ha completato il ciclo vaccinale (n. 12.294.543). Considerato che le Regioni stanno utilizzando la quasi totalità delle dosi a disposizione, il mancato decollo delle consegne condiziona il numero di somministrazioni, ormai stabili da un paio di settimane (figura 9) con la media mobile a 7 giorni che ha raggiunto 500 mila inoculazioni/die.
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. L’81,5% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia, Umbria, Lazio, Lombardia, Veneto e Molise superano l’85%, la Sicilia resta ancora sotto il 70%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.736.001 (83,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 386.742 (8,6%) hanno ricevuto solo la prima dose .
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.109.513 (35,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.884.265 (48,4%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 2.136.231 (28,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.325.680 (44,7%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Soggetti fragili e loro caregiver: per questa categoria i dati non sono più disponibili, in quanto dal 28 maggio nel repository ufficiale le somministrazioni vengono rendicontate esclusivamente per fascia d’età.
«Mentre iniziano a salire le coperture nelle fasce d’età 50-59 e 40-49 anni – precisa Gili – sono ancora oltre 3,3 milioni gli over 60 ad elevato rischio di ospedalizzazione e decesso che non hanno ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino».
Più precisamente l’8% degli over 80 (n. 357.683), il 16,3% della fascia 70-79 (n. 971.466) e il 26,6% della fascia 60-69 anni (n. 1.979.297).
«Il netto miglioramento del quadro pandemico – conclude Cartabellotta – se da un lato attesta il successo del “rischio ragionato”, dall’altro richiede che il prudente ottimismo sia accompagnato da una strategia condivisa tra Governo e Regioni per garantire l’irreversibilità delle riaperture».
In questa direzione vanno le proposte della Fondazione GIMBE:
- Apportare al nuovo sistema per assegnare i colori alle Regioni i necessari correttivi (es. standard di tamponi per 100 mila abitanti) per incentivare il testing e riprendere il tracciamento, senza timore di non conquistare o di perdere la zona bianca.
- Definire una modalità univoca per identificare tempestivamente ed arginare eventuali focolai.
- Potenziare il sequenziamento delle varianti, in particolare in alcune Regioni, e in caso di diffusione della variante indiana somministrare la seconda dose ad anziani e fragili secondo l’intervallo ottimale delle sperimentazioni cliniche.
- Attuare nuove strategie per vaccinare gli oltre 3,3 milioni di over 60 senza copertura e ad alto rischio di ospedalizzazione: es. chiamata attiva, open day dedicati, comunicazione istituzionale dedicata.