Come insegna l'esperienza del passato l'estrema destra promuove se stessa e i propri provvedimenti tramite le cosiddette fasi o ondate che dir si voglia. Così è anche per la flat tax alle famiglie.
Questa proposta è il nuovo cavallo di battaglia di Matteo Salvini che, dopo aver "risolto" il problema migranti (a suo dire) adesso deve intestarsi un nuovo cavallo di battaglia in vista delle europee, specie per "oscurare" l'accordo che i 5 Stelle vogliono siglare con la Cina e che, dal punto di vista economico e della propaganda elettorale, potrebbe essere per i grillini un buon punto di "ripartenza" per recuperare nei sondaggi.
Quindi, Salvini doveva inventarsi qualcosa per sostituire il "dagli al negro" finora utilizzato e ormai stantio - oltretutto qualcuno avrebbe anche potuto iniziare a capire che tale slogan a differenza di quanto annunciato non portava un euro in più nel portafoglio - per promuovere la sua propaganda. Ecco quindi che il segretario della Lega e ministro dell'Interno si è inventato la flat tax alle famiglie.
Poco importa che Salvini non abbia alcuna voce in capitolo nella gestione della politica economica del Governo e che di conti ne capisca quanto un bambino dell'asilo potrebbe capire della teoria della relatività: l'importante è l'annuncio.
«La flat tax alle famiglie? Sono stati fatti numeri strampalati, 50-60 miliardi di euro... non siamo al Superenalotto. Non la faremo in un colpo solo ma in 5 anni e per avviare la rivoluzione epocale bastano tra i 12 e i 15 miliardi di euro. Partiremo con gli scaglioni Irpef più bassi, a cominciare da quello del 23%. »
Così stamani Salvini ha dichiarato in un'intervista radiofonica a Rtl 102.5.
I numeri strampalati cui si riferiva Salvini sono stati così definiti dal neo segretario Pd, Nicola Zingaretti che, anche lui in Radio, ma a quella di Repubblica, ha detto: «La flat tax è una bufala senza spazi fiscali per sostenerla. Serve la progressività delle imposte, non l'illusione che se i ricchi hanno più soldi spendono di più. Queste sono le teorie di Paperon de Paperoni, non di Paperino e Qui Quo Qua.»
Ma le critiche, "meno fumettistiche", arrivano anche dagli alleati di Governo. Questo il commento, anch'esso radiofonico, della ministra 5 Stelle Barbara Lezzi: «La flat tax costa 60 miliardi di euro e il nostro Paese non se li può permettere, dunque [quella di Salvini] è una promessa che non si può mantenere».
Ma Salvini non sente storie: «L'ultima cosa da fare - ha detto stamani - è aumentare le tasse, anche se lo chiede l'Europa. Sulle clausole di salvaguardia una riflessione va fatta, noi non abbiamo nessuna intenzione di aumentare l'Iva. Stiamo facendo tutti i conti, siamo convinti che se abbassi le tasse, dal secondo anno lo Stato incassa di più».
Quali siano i conti che Salvini ha fatto e quale sia la "calcolatrice" da lui utilizzata, il ministro dell'Interno non lo ha fatto sapere. In ogni caso, una recente applicazione della ricetta che lui vuole introdurre in Italia, come dimostra l'esperienza degli Stati Uniti con la flat tax voluta dall'amministrazione Trump, non ha ottenuto altro risultato che aumentare enormemente il deficit della nazione, con tagli già annunciati alla spesa pubblica nel prossimo bilancio federale.
Ma i conti di cui Salvini parla sono conti della fantasia, nessuno all'interno della Lega li ha fatti. La sua necessità è quella di nascondere un possibile successo elettorale del suo alleato di Governo, il Movimento 5 stelle. E lo dimostra la seguente dichiarazione da lui rilasciata: «Il memorandum che il premier Conte firmerà con il presidente cinese è la cornice, poi il quadro è un'altra cosa e noi stiamo valutando "riga per riga" il contenuto dell'intesa.
Se si apre all'export per le aziende italiane va benissimo, gli unici vincoli riguardano la sicurezza, il controllo dei dati degli italiani e l'energia. Non vorrei che qualcuno si alzasse dall'altra parte del mondo e ci spegnesse l'interruttore.
Se i cinesi vogliono investire in ferrovie e porti ok, l'importante è che il controllo rimanga in mani italiane.»
L'importante, per Salvini, è che i suoi "tifosi" percepiscano che sia lui ad avere il controllo della situazione. Quando ne avrà avuto la certezza, allora di flat tax alle famiglie non se ne parlerà più.