Suruwa Jaiteh non sarà più un possibile problema di sicurezza per l'Italia
Si chiamava Suruwa Jaiteh, il giovane migrante morto carbonizzato nell'incendio che lo scorso fine settimana è scoppiato nella tendopoli di San Ferdinando, nel vibonese. Suruwa non viveva a San Ferdinando, poiché era inserito nel programma Sprar di Gioiosa Ionica. Lì era andato a trovare dei parenti.
Suruwa Jaiteh, che veniva dal Gambia, aveva soltanto 18 anni. Ad ucciderlo, probabilmente, il fuoco di un braciere acceso per riscaldarsi. La sua sorte è simile a quella di Becky Moses, morta carbonizzata il 28 gennaio di quest'anno.
"C'è bisogno del senso di responsabilità di tutti, ci sono migliaia di lavoratori ammassati in questi ghetti, luoghi dove mancano i servizi essenziali, acqua, bagni, un po' di riscaldamento", si legge in una nota della Cgil. "A San Ferdinando sono tre anni che siamo in attesa dei moduli abitativi e invece nulla, mentre la tendopoli diventa ogni giorno di più un girone dantesco.
Altro che decreto sicurezza, che rende solo irregolare chi fino a ieri non lo era e quindi rende più insicuri tutti, qui servono misure serie per accoglienza e le soluzioni ci sarebbero. Utilizzo di tanti immobili abbandonati, progetti come Riace, per una accoglienza diffusa e quindi integrata.
A San Ferdinando non ci sono clandestini o persone pericolose, ma solo persone che vengono a lavorare, spesso sfruttate e sottopagate, e assicurano sulle tavole natalizie imbandite aranci, mandarini e frutti di stagione.
Non possiamo seguitare a piangere i morti, le istituzioni devono intervenire con responsabilità e umanità."
Non meno dura la nota pubblicata dall'Unione Sindacale di Base, che ha annunciato una manifestazione a Roma per il prossimo 15 dicembre: "Subito dopo la morte di Soumaila Sacko ai rappresentanti USB era stato promesso di tutto, di più: tavolo interministeriale sul lavoro dei braccianti, sblocco della situazione abitativa e amministrativa dei migranti, nuovi modelli di reclutamento. Nulla di tutto ciò si è avverato, nonostante gli impegni dei ministri Di Maio e Centinaio, anche dopo la terribile carneficina del mese di settembre nel Foggiano, con ben 16 braccianti morti in due diversi incidenti stradali. Il ministro Salvini invece, eletto in Calabria, impegni con i braccianti non ne ha presi. Per lui semplicemente non esistono.
Oggi noi constatiamo che USB è stata invitata ai tavoli convocati dal prefetto di Reggio Calabria soltanto dopo aver duramente contestato il 19 novembre scorso il nuovo andazzo, che sta trasformando tutta la situazione del lavoro bracciantile in un problema di ordine pubblico, in omaggio alla linea dura salviniana. La stessa che appena ieri ha visto decine e decine di migranti espulsi dal Cara di Crotone e abbandonati in mezzo alla strada, minori compresi.
Oggi noi constatiamo che Suruwa Jaiteh è morto proprio nella giornata in cui le Nazioni Unite celebrano l’abolizione della schiavitù e dello sfruttamento. Schiavitù abolita formalmente in tutto il mondo ma perpetuata sotto varie forme anche nella civile Italia, che dei braccianti ha fatto i nuovi schiavi.
L’Unione Sindacale di Base reclama con forza giustizia per Suruwa Jaiteh, ed esprime vicinanza e solidarietà a Soumbou Jaiteh, suo fratello, accorso a San Ferdinando da Catania.
L’Unione Sindacale di Base chiede ufficialmente al prefetto di Reggio Calabria e agli enti locali di passare dalle parole ai fatti concreti per superare lo scempio della baraccopoli.
L’Unione Sindacale di Base invita tutte e tutti a scendere in piazza a Roma il 15 dicembre nella manifestazione nazionale Get Up Stand Up for your rights, convocata da una vasta rete di associazioni contro la discriminazione e il razzismo."
Superfluo aggiungere che gli interessi di Suruwa Jaiteh, come quelli di altri che si trovano a vivere in condizioni analoghe alla sua, non sono tutelati nel decreto sicurezza, che ha come finalità principale di rendere irregolare chi fino a ieri non lo era e non si preoccupa certo di creare le condizioni per favorire accoglienza e integrazione.