All'inizio del pomeriggio si avvicinava al 40% la percentuale degli oltre 6 milioni di israeliani chiamati questo martedì 9 aprile ad eleggere il nuovo Parlamento.
Il risultato, che verrà anticipato dai primi exit poll dopo le 22 (ora locale), alla chiusura delle urne, non sarà comunque una sorpresa, dato che tutti i sondaggi pre elettorali concordano nell'assegnare la vittoria allo schieramento di centro destra. Quello che sarà però interessante sapere è se il più moderato partito di Benny Gantz, il Kahol Lavan, riuscirà a conquistare più seggi del Likud di Benjamin Netanyahu.
L'attuale premier per recuperare terreno ha cercato consensi tra la destra più estrema, che si rifà ai coloni e ai credenti ultraortodossi, ottenendo - per quel che vale - il pieno riconoscimento degli Usa sul controllo di Israele delle alture del Golan e promettendo l'annessione allo Stato ebraico delle colonie in Cisgiordania.
Netanyahu e consorte sono inseguiti dalla magistratura del proprio Paese che li vuole processare perché li ritiene colpevoli di corruzione. Quindi, è facile comprendere quanto sia necessario per l'attuale primo ministro ottenere il numero più alto possibile di voti per poter pretendere, ancora una volta, di sedere a capo del governo.
Le scelte di Netanyahu - nell'ultima legislatura presentando la legge Stato Nazione ha praticamente ufficializzato l'apartheid in Israele - hanno portato lo Stato ebraico su posizioni sempre più radicali, allontanando la possibilità di un piano di pace credibile.
Nel caso dovesse nuovamente riuscire a formare un nuovo governo da lui guidato, è chiaro che sarebbe utopico sperare che si possa riavviare un piano di pace in Medio Oriente.