Le Edizioni La Zisa, nate a Palermo nel 1988, si trasferiscono a Firenze. Ma non si tratta di un addio, bensì di un rilancio. Con radici siciliane ben salde, la casa editrice approda nel cuore culturale d’Italia per continuare a crescere e dialogare con l’Europa.
Le case editrici, come gli uomini, hanno un’anima. E se l’anima resta fedele a sé stessa, anche quando cambia casa, non si può dire che tradisca. Ecco perché non bisogna piangere troppo se le Edizioni La Zisa, fondate a Palermo nel 1988, scelgono oggi di trasferire la loro sede a Firenze. Non è un addio alla Sicilia, ma un nuovo inizio: portare lo spirito siciliano là dove batte uno dei cuori più antichi e vitali della cultura italiana.
Chi conosce la storia de La Zisa sa che non è stata una semplice casa editrice. È stata un’avventura editoriale coraggiosa, nata in un tempo difficile, quando Palermo sembrava cedere al suo dolore. Gli anni Ottanta e Novanta furono decenni tumultuosi, segnati da violenza mafiosa e crisi sociale. In quell’ora oscura, Maurizio Rizza e i suoi compagni di viaggio scelsero i libri come risposta. E non libri qualsiasi: ma quelli che fanno pensare, discutere, aprire gli occhi. Inchieste, letteratura di frontiera, memoria civile e impegno. Libri che raccontavano la Sicilia senza incenso né maquillage, ma con amore autentico, proprio perché senza sconti.
La Zisa è cresciuta così: andando controcorrente, scommettendo su temi spesso marginali per il mercato, ma centrali per una coscienza collettiva. Non ha mai inseguito la moda, ma ha saputo anticipare molte urgenze culturali: il dialogo interreligioso, l’identità mediterranea, la lotta alle mafie, il recupero della memoria storica e popolare. Ha ridato voce a testimoni silenziati, ha valorizzato traduzioni rare, ha riportato all’attenzione autori dimenticati. Non è stata, insomma, una casa editrice addomesticata. Ma una voce libera, e per questo necessaria.
Oggi il mondo editoriale è profondamente cambiato. Il baricentro culturale si è spostato, le logiche distributive sono mutate, e Palermo, pur restando uno scrigno di passioni e talenti, non è più il crocevia che fu un tempo. Firenze, invece, rappresenta un nuovo orizzonte. Non solo per la sua storia gloriosa e per il prestigio che le deriva, ma per le opportunità concrete che offre: connessioni, infrastrutture, collaborazioni accademiche e istituzionali. Firenze è una città che consente a una casa editrice di crescere, di internazionalizzarsi, di farsi ponte tra mondi.
E La Zisa ha sempre cercato di essere un ponte. Lo dimostra il suo impegno nella diffusione della letteratura neogreca, ambito in cui è leader a livello nazionale. Lo dimostrano le sue collane dedicate al pensiero cristiano ed ebraico, al dialogo tra le fedi, alla filosofia del Mediterraneo. Lo dimostra la presenza nel catalogo di autori come Ghiorgos Seferis, premio Nobel greco, o come lo scrittore francese François Mauriac.
Dal 2007, sotto la direzione di Davide Romano, La Zisa ha continuato a pensare in grande, pur rimanendo fedele alla sua ispirazione iniziale. Ha saputo parlare nuove lingue, raggiungere nuovi pubblici, confrontarsi con le sfide del digitale, della globalizzazione culturale, dell’ibridazione dei saperi. Ha scelto di non chiudersi nella logica dell’isola, ma di fare della propria identità siciliana una chiave di accesso al mondo.
Il trasferimento a Firenze non è dunque un tradimento, ma una strategia di sopravvivenza intelligente, necessaria, lungimirante. È un rilancio, non una fuga. È una sfida raccolta con lo stesso spirito che animò i fondatori nel 1988: credere nei libri, credere nella cultura, credere nella possibilità di cambiare le cose partendo dalle parole.
Certo, non ci saranno più gli odori della Kalsa o il frastuono dei mercati palermitani a fare da sottofondo quotidiano. Ma i libri restano. E se i libri continueranno a parlare di Sicilia, di mafia e antimafia, di letteratura e poesia mediterranea, allora vuol dire che Palermo — quella vera, fatta di parole e di sogni — non è mai andata via. Si è solo spostata, come fanno le anime migranti, quelle che cercano casa senza mai dimenticare da dove sono partite.
E forse, in fondo, è proprio questo che conta.