Il Consiglio Superiore della Magistratura ha sentito il procuratore di Modena Lucia Musti sui casi Consip e Cpl Concordia, secondo quanto riportano i principali quotidiani italiani.

L'audizione è avvenuta il 17 luglio scorso al Csm e curiosamente, senza dare spiegazione in proposito, alcuni giornali pubblicano del materiale che doveva essere riservato proprio il giorno dopo la sentenza che conferma con una condanna che la vicenda Consip non è affatto una bufala.

La condanna, che risale al 14 settembre, è quella di Marco Gasparri, il dipendente della centrale acquisti Consip che ha confermato di aver accettato 100mila euro in tre anni dall'imprenditore napoletano Romeo il cui processo per la stessa vicenda, invece, inizierà il 19 ottobre. Come potrebbe capire anche un bambino, a questo punto, se Romeo ha corrotto un dirigente Consip per avere elementi utili per conoscere uno o più lotti di un applato da quasi 3 miliardi di euro, l'altra parte dell'inchiesta, che riguarda persone vicine a Matteo Renzi, come il padre, può non essere del tutto infondata, come "disperatamente" cercano invece di dimostrare il segretario del PD e gli altri dirigenti del Partito.

Pertanto, quest'oggi, il PD, i suoi mezzi di informazione e i suoi principali esponenti hanno fatto passare sotto silenzio la condanna di Marco Gasparri, mentre, a tambur battente fanno a gara nel mostrare il proprio sconvolgimento al proprio segretario per le dichiarazioni del procuratore di Modena Lucia Musti, senza preoccuparsi, in questo caso, di una possibile fuga di notizie.

Che cosa ha detto, o avrebbe detto, Lucia Musti ai colleghi del CSM?

Che Scafarto e De Caprio (più noto come capitano Ultimo), al tempo carabinieri del Noe e da lei incontrati nel 2015 in seguito all'indagine sugli affari della coop Cpl Concordia, le sarebbero sembrati particolarmente "spregiudicati" e come "presi da un delirio di onnipotenza".

A Modena era stato trasmesso dai Pm di Napoli Woodcock, Carrano e Loreto uno stralcio dell'inchiesta su Cpl Concordia, con allegata un'informativa in cui erano inserite intercettazioni tra il generale della Gdf Michele Adinolfi e l'allora premier Matteo Renzi. In relazione a tali documenti, la Musti avrebbe dichiarato che De Caprio (Ultimo) le avrebbe detto: "Lei ha una bomba in mano, se vuole la può far esplodere".

Atteggiamenti non certo consoni al ruolo e inusuali per degli ufficiali dei carabinieri con anni di esperienza in indagini anche delicate. Per questo la Musti avrebbe riferito di essersi sentita quasi messa sotto pressione, come se la sua libertà e le sue prerogative di capo di una Procura potessero in qualche misura essere coartate.

Il verbale di Musti al Csm rientra in un accertamento avviato per far luce sulla fuga di notizie relativa alle telefonate tra Renzi e Adinolfi, che lo stesso procuratore ha detto di non saper spiegare, senza però escludere che il gip di Modena, al quale il suo ufficio passò le carte, le avesse poi messe a disposizione degli avvocati, rendendole così pubbliche!

L'ANSA ha contattato il procuratore Musti per chiedere conferma se avesse o meno rilasciato tali affermazioni o se le frasi pubbicate dai giornali e a lei attribuite fossero state riportate correttamente, almeno per quanto riguarda il loro significato. Come riporta l'Agenzia, la Musti ha preferito rimanere in silenzio, senza dare alcuna risposta.

Invece, in silenzio, non è rimaso il colonnello De Caprio che ha già anticipato di aver dato mandato al proprio avvocato di tutelare giudizialmente la sua immagine, negando in toto quanto detto dalla Musti e a lui attribuito.

Naturalmente, da parte dei renziani del PD è iniziata la gara per apparire agli occhi attenti del segretario chi fosse il più indignato per la vicenda che, imbastita in fretta e furia dalla propaganda di partito come complotto, si sta ingigantendo indossando i panni ben più voluminosi del colpo di Stato, anche se il Partito Democratico continua a dimenticarsi della condanna di Marco Gasparri e del prossimo processo ad Alfredo Romeo. Evidentemente, il "colpo di Stato" deve essere ancora in atto.