Da quando l'emergenza coronavirus è diventata un problema nazionale, la regione Lombardia, focolaio principale dell'infezione, è finita nell'occhio del ciclone... per l'emergenza sanitaria che ne è conseguita ed il modo in cui è stata gestita.
La magistratura, infatti, ha iniziato ad indagare
- sul mancato lockdown di Bergamo e provincia dopo aver individuato un importante focolaio che nel lodigiano - seppure in misura minore - aveva invece portato al confinamento di alcuni comuni;
- sulle RSA lombarde in relazione anche alla decisione della regione di farvi ospitare i guariti da Covid, ancora positivi al Sars-CoV-2;
- sulle decine di milioni spesi per allestire un ospedale Covid in Fiera che praticamente non è mai entrato in funzione e adesso è stato smantellato;
- sulla fornitura di camici assegnata dalla Lombardia direttamente all'azienda Dama, il cui maggior azionista ed amministratore delegato è il cognato del presidente della regione, il leghista Attilio Fontana.
Intorno alla mezzanotte di ieri, Attilio Fontana, dal suo profilo Facebook ha fatto sapere che "da pochi minuti ho appreso con voi di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa. Sono certo dell'operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità".
Tra le vicende sopra riportate, il presidente Fontana è indagato per quella legata ai camici, in relazione alla quale nei giorni scorsi avevano subito lo stesso provvedimento il cognato Andrea Dini, azionista e a.d. di Dama, e Filippo Bongiovanni, ex direttore generale di Aria, la centrale acquisti della regione Lombardia che aveva fatto partire l'ordine per la fornitura di camici senza indire alcun bando di gara.
L'accusa, già mossa a Dini e Bongiovanni dai pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, è quella di turbata libertà nella scelta del contraente.
L'ordine della regione riguardava 75 mila camici da destinare a medici e infermieri nella fase più critica dell'emergenza coronavirus. La fornitura è stata effettuata e regolarmente fatturata da Dama, salvo poi esser stata trasformata in donazione - almeno in parte - tramite una nota di credito del 20 maggio, emessa dopo che la trasmissione Report aveva iniziato ad indagare sulla vicenda.
Probabilmente i pm di Milano, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, devono aver ritenuto che, una volta venuta a galla la notizia, il presidente Fontana abbia fatto pressione in prima persona per trasformare il contratto ottenuto dall'azienda del cognato in una donazione.
Non solo... il Corriere spiega anche perché la "donazione" di Dama alla regione non avrebbe riguardato l'intera fornitura.
Questa è la ricostruzione del quotidiano riassunta dall'Ansa: "il governatore lombardo tentò di bonificare alla Dama 250.000 euro, cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato sarebbe andato incontro facendo l'unilaterale gesto di tramutare in donazione alla Regione l'iniziale vendita dei 75.000 camici e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati. La milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio dal presidente Fontana del bonifico - secondo quanto riporta Il Corriere - bloccò il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vedeva una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto "sensibile" come Fontana per l'incarico politico. Per questo la fiduciaria fece una "Sos-Segnalazione di operazione sospetta" all'Unità di informazione finanziaria di Banca d'Italia, che la girò a Guardia di finanza e Procura".
Attilio Fontana, finora, si era sempre detto all'oscuro della negoziazione tra la Regione e la società del cognato.
Inutile ricordare che un avviso di garanzia è a tutela di un indiziato di reato e non una sentenza di condanna ma, considerando l'esposizione mediatica di Fontana e del partito cui appartiene, che fonda il consenso su una propaganda basata nell'incalzare - ma si potrebbe anche dire insultare - chiunque sia identificato e identificabile come un avversario politico, è chiaro che non possa non fare molto "rumore".
Come la propaganda del segretario della Lega, Matteo Salvini, ha cercato di "parare il colpo"? In questo modo:
Attilio Fontana ”indagato” perché un’azienda ha regalato migliaia di camici ai medici lombardi.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) July 25, 2020
Ma vi pare normale? La Lombardia, le sue istituzioni, i suoi medici, le sue aziende e i suoi morti meritano rispetto.
Malagiustizia a senso unico e “alla Palamara”, non se ne può più.
Ma come sempre gli accade, Salvini si è però ben guardato dall'entrare nel merito della vicenda.