"Programming tumor evolution with selection gene drives to proactively combat drug resistance" è il titolo della ricerca pubblicata a luglio 2024 su Nature Biotechnology, condotta da Scott M. Leighow (Università Statale della Pennsylvania), Joshua A. Reynolds, Ivan Sokirniy, Shun Yao, Zeyu Yang, Haider Inam, Dominik Wodarz, Marco Archetti e Justin R. Pritchard.

Così la rivista ne riassume il contenuto: 

Most targeted anticancer therapies fail due to drug resistance evolution. Here we show that tumor evolution can be reproducibly redirected to engineer therapeutic opportunity, regardless of the exact ensemble of pre-existing genetic heterogeneity. We develop a selection gene drive system that is stably introduced into cancer cells and is composed of two genes, or switches, that couple an inducible fitness advantage with a shared fitness cost. Using stochastic models of evolutionary dynamics, we identify the design criteria for selection gene drives. We then build prototypes that harness the selective pressure of multiple approved tyrosine kinase inhibitors and employ therapeutic mechanisms as diverse as prodrug catalysis and immune activity induction. We show that selection gene drives can eradicate diverse forms of genetic resistance in vitro. Finally, we demonstrate that model-informed switch engagement effectively targets pre-existing resistance in mouse models of solid tumors. These results establish selection gene drives as a powerful framework for evolution-guided anticancer therapy.

In pratica, quello che la ricerca dimostra è la possibilità di eliminare le cellule cancerose più resistenti alle terapie, che rischiano di moltiplicarsi nuovamente in un nuovo tumore sempre più difficile da curare.

I farmaci antitumorali a volte falliscono a causa della diversità intrinseca del cancro e del fatto che, spesso, alcune cellule diventano resistenti al trattamento, consentendo al cancro di ripresentarsi. Scott Leighow e i suoi ricercatori della Pennsylvania State University hanno sperimentato un metodo per anticipare questo meccanismo e volgerlo a proprio vantaggio, mettendo a punto un circuito genetico paragonabile ad una sorta di interruttore composto da due geni, che vengono accesi e spenti in momenti diversi. 

Quando viene attivato il primo, la cellula diventa temporaneamente resistente a uno specifico farmaco: in questo modo, il trattamento la lascia intatta, permettendole di moltiplicarsi a scapito delle altre cellule cancerose che hanno sviluppato la resistenza in modo naturale. A quel punto, il primo gene viene "spento", facendo tornare vulnerabili le cellule, mentre viene acceso il secondo: un gene "suicida" che produce una tossina capace di uccidere sia la cellula stessa sia quelle che la circondano, cioè quelle più pericolose per una recidiva.