Tre articoli recentemente apparsi sul blog revalt.it dedicato alla riforma della Pubblica Amministrazione, si occupano dei vincoli che la Carta Costituzionale impone all'azione di chi si occupa di gestire la Pubblica Amministrazione.

L'articolo 97 del testo fondamentale, coadiuvato dalla Legge 241/90, definisce quelli che sono principi guida cui il pubblico amministratore sempre dovrebbe essere devoto. Si tratta in particolare di "buon andamento", "imparzialità", "efficacia, efficienza, economicità", purtroppo la realtà mostra come ancora siamo lontani dal realizzare compiutamente queste condizioni.

Lo stesso articolo 97 stabilisce anche quello che è detto "principio di legalità" che ha l'effetto di conferire agli atti amministrativi  quella serie di caratteristiche peculiari possedute da tali atti.

L'art 118 invece tratta dei principi di "sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza" che dovrebbero ispirare il modo di gestire le comunità  e i servizi da erogare, evitando derive stataliste e valorizzando i "corpi intermedi" del sociale.

La legge 241/90 già citata stabilisce il dovere di "pubblicità e trasparenza" nei confronti di documenti ed atti in possesso della Pubblica Amministrazione.

L'articolo 5 della Costituzione è lo strumento pensato dai padri costituenti per garantire il godimento della cosiddetta "autonomia compiuta" alle differenti realtà locali e culturali. Sino al 2001 con l'avvento di quella che si definisce "riforma del titolo quinto" di fatto uno Stato organizzato in modo centralista, impedì agli enti autonomi di godere delle proprie prerogative.

Questo ritardo della storia finì per determinare situazioni di disagio e discriminazione per i cittadini ubicati in realtà locali disomogenee.