I dipendenti che lavorano per lo Stato, se vogliono avere un aumento in busta paga, devono sperare nel rinnovo del contratto. Se per lo Stato le cose non vanno bene o non vanno benissimo, la salvaguardia del posto del lavoro - raffrontandola con quanto accade nel privato - è la leva con cui, anno dopo anno il rinnovo dei contratti del pubblico impiego viene rimandato.

Ma anche se le cose per lo Stato cominciano ad andar meglio o non tanto male, per i suoi dipendenti non è automatico ricevere un nuovo contratto. Ma se invece le cose non vanno bene per il partito di maggioranza che supporta il governo e che, ovviamente, vuole vincere un'elezione a cui tiene, allora ecco che il rinnovo del contratto è pressoché automatico... o quasi.

A pochi giorni dal referendum confermativo della riforma costituzionale, la ministra Madia "cinguettava" soddisfatta del traguardo memorabile raggiunto grazie al Governo a guida Pd che, finalmente, "concedeva" agli statali il rinnovo del contratto, riconoscendo loro un aumento di stipendio in media di 80 euro a partire da tutto il 2016 fino al 2018... e senza neppure mettere a rischio gli altri 80 euro, sempre "regalati" da Renzi per chiunque ne avesse avuto diritto.

Di quel rinnovo, che per il solo 2017 sarebbe costato 6 miliardi, nessuno vide niente, nemmeno un centesimo. Ma d'altra parte Renzi quelle elezioni le perse!

Ed ecco allora che il solito contratto, già stipulato nel 2016, magicamente torna di moda nel 2018 - anno della sua scadenza - anche se ripartito e scaglionato per i vari settori del pubblico impiego. Questo venerdì è toccato ai dipendenti del settore istruzione. Per i professori fino ai bidelli, a partire da marzo arriverà l'aumento in busta paga accompagnato da un consistente arretrato.

E senza alcuno sprezzo del ridicolo, ecco puntuale la dichiarazione del ministro Pd, in questo caso Valeria Fedeli, che così commenta: «Il rinnovo del contratto siglato stanotte riguarda 1,2 milioni di dipendenti. Siamo molto soddisfatti per l’intesa raggiunta che, voglio ricordarlo, arriva dopo otto anni di mancati rinnovi. Avevamo preso un impegno preciso, lo abbiamo mantenuto.

Abbiamo lavorato, in questi mesi, nel solco dell’intesa siglata il 30 novembre del 2016 (!) e siamo andati anche oltre, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti (!), con l’obiettivo di dare il giusto e necessario riconoscimento professionale ed economico alle nostre lavoratrici e ai nostri lavoratori.

Perché valorizzare chi opera nei settori della conoscenza, ne siamo convinti, significa impegnarsi per garantire un futuro di qualità alle nostre giovani e ai nostri giovani.»

Adesso, ai dipendenti del settore istruzione e ricerca, cui è stato rinnovato un contratto scaduto da dieci anni e che scadrà di nuovo a fine anno, non rimane che votare compattamente Partito Democratico e riconoscere un seggio a Fedeli e compagnia... dato che compagni quelli del Pd non possono esser chiamati.

Il do ut des pre-elettorale si è compiuto... ma quasi certamente non sarà l'unico, considerati i sondaggi che vedono il partito di Renzi e la sua raffazzonatissima coalizione di ex berlusconiani solo come terza forza in campo.