Dopo le ultime elezioni del 2018 i partiti non hanno smesso di essere in piena campagna elettorale. È deprimente assistere alle strategie poste in essere dai mestieranti della politica per “ramazzare” voti; leggere i titoli dei giornali di regime che spacciano lodi e critiche fuori luogo: le critiche sono utili se costruttive altrimenti creano un clima avvelenato che offusca la libera capacità di giudizio dei lettori.

Il 29 agosto 1991 veniva assassinato Libero Grassi, un uomo onesto e coraggioso, un vero imprenditore che oggi pochi ricordano. Mai come in questo periodo le sue parole sono un monito per tutti, parole pesanti come macigni, parole chiare che fanno cadere le maschere anche agli attuali teatranti assetati di potere e ci richiamano ai nostri doveri e alle nostre responsabilità di cittadini.

L’imprenditore invia al Giornale di Sicilia una lettera che verrà pubblicata nel gennaio 1991 che dimostra lo spessore umano e morale di un uomo coraggioso:

«Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui.» 

(Libero Grassi, Caro estortore, Giornale di Sicilia, 10 gennaio 1991)
 

Ho avuto modo di riascoltare alcuni suoi interventi estremamente significativi e terribilmente attuali anche se temporalmente remoti, parlo del febbraio 1987. Libero Grassi fa un’analisi della situazione politico/economica della Sicilia e dell’Italia e di come le due realtà sono direttamente collegate infatti se da un lato definisce la società siciliana violenta, la stessa violenza viene esercitata in tutto il territorio nazionale e pone come esempio la vergognosa vicenda dell’arresto del Presidente della Banca d’Italia Baffi e del suo diretto collaboratore Sarcinelli che avevano scoperchiato il verminaio Italcasse: due onesti funzionari di Stato di alto livello falcidiati dal sistema partitocratico corrotto.  Non vi erano motivi per quegli arresti – Banfi ai domiciliari e Sarcinelli in manette - furono accusati ingiustamente di reati ignobili dai quali furono prosciolti due anni dopo ma uscendone rovinati irrimediabilmente. Parla di quante persone dal comportamento meno edificante erano state eliminate fisicamente di cui non si riusciva a comprenderne i motivi come Calvi, una morte corredata da una scenografia stridente: dovranno passare anni prima di conoscere parte dei retroscena. Anche Sindona è stato ucciso in carcere. Parla della violenza di Stato che viene consumata con ferocia per colpire persone scomode e soprattutto per tutelare interessi illegittimi, affari sporchi e i loro manovratori istituzionali e i loro complici esterni che mai risponderanno dei loro crimini.

Libero Grassi ha combattuto la mentalità mafiosa attraverso una coraggiosa e continuativa denuncia pubblica e morale del fenomeno che ormai ha contaminato un Paese intero. Ha parlato della peggior violenza consumata nei confronti dei cittadini quella del lavoro clientelare e assistenziale che lega a doppio filo il beneficato ad un gruppo che lo userà “alla bisogna” per perseguire i propri scopi e costui non potrà rifiutarsi dall’obbedire: mentire, falsificare, svelare segreti d’ufficio, manipolare pratiche, isolare e sabotare persone oneste, partecipare a campagne diffamatorie, fornire falsa testimonianza, accusare ingiustamente una persona ritenuta scomoda e portarla alla rovina. Questa violenza permette alla cricca politico/mafiosa un controllo capillare del territorio dove in tempo reale vengono informati dalle loro corti dei miracoli circa ogni aspetto della vita dei cittadini, delle attività e, praticando soprattutto il ricatto finanziario, manipolano e sconvolgono a proprio vantaggio gli equilibri naturali della vita economica, politica, sociale e culturale delle comunità. Oggi lavora solo chi è "cliente" di una cricca politica altrimenti si deve "arrangiare".

Libero Grassi non ha mai pagato il pizzo perché ledeva la sua dignità e la sua libertà personale e di imprendtore; uno dei più grandi impresari dell’isola dichiarava che pagare il pizzo evitava problemi e riportava la sentenza di un giudice siciliano che nelle motivazioni indicava il pagamento del pizzo una “necessità”, chi non voleva soggiacere al ricatto poteva farlo ma doveva prepararsi a subirne le conseguenze. Sono le istituzioni che devono garantire la tranquillità ambientale ai cittadini non il soggiacere al ricatto: la fortissima percentuale degli imprenditori che pagano l’estorsione ha prodotto un notevole aumento della criminalità. Il suo coraggioso atteggiamento fu criticato aspramente, fu sempre lasciato solo, l’imprenditoria siciliana gli voltò le spalle per fare cosa gradita alla mafia, i suoi detrattori affermarono che se tutti avessero seguito il suo esempio in due giorni sarebbero andate in fumo tutte le aziende siciliane.

Il ricatto non finisce con il pagamento del “pizzo” comporta l’assunzione nell'azienda di persone scelte dalla criminalità e la presenza del boss nell’amministrazione e gestione dell’impresa.

A quei tempi ebbe il coraggio di parlare apertamente dei rapporti tra politica e mafia definendo correttamente il ruolo che rivestiva e ancor meglio oggi riveste tale criminalità nell’ambito della vita economica e politica del Paese. La mafia è un interlocutore politico perché possiede e amministra i voti di preferenza; è un interlocutore amministrativo perché è presente nei consigli di amministrazione, nelle associazioni, nei settori chiave pubblici; è un interlocutore finanziario perché dispone di enormi capitali liquidi.

 Vi è sempre stato un atteggiamento di volontaria miopia e ipocrita omertà riguardo la reale natura dei rapporti tra politici e criminalità organizzata che emerge dalla iniziale assenza di una specifica legislazione in materia di mafia, solo dopo la morte del giudice Falcone è stata introdotta una normativa molto efficace che, a partire dai governi Berlusconiani, è stata gradualmente alleggerita e subisce attentati continui.

L’imprenditore assassinato era convinto (e lo sono anch’io) che la via d’uscita fosse un democratico consenso espresso da una libera coscienza ma durante un incontro narrò che prima di intervenire nei pubblici dibattiti durante le elezioni veniva invitato in caserma dove il responsabile gli consigliava la massima moderazione verso i personaggi politici per non scombinare gli “equilibri” pre-elettorali tessuti dai “mercanti di voti”.

Oggi stiamo assistendo alla pantomima delle liste per le elezioni amministrative, vi sono molti candidati di origine opaca con sospesi giudiziari e mormorii su legami con i collettori di voti di preferenza che fanno da trait d’union tra il concorrente e la criminalità organizzata che dopo le elezioni presenterà il conto all’eletto con grave danno per i cittadini e gli imprenditori onesti.

Il torto che si fa a chi ha avuto il coraggio di dire no al ricatto è quello di lasciarlo solo. La società italiana è caratterizzata dall’opportunismo e dalla vigliaccheria, i giornali nazionali non parlano della dura lotta che tante persone oneste combatto nel silenzio e nella solitudine mantenendo quegli equilibri che altrimenti sarebbero saltati da tempo provocando disastri a non finire. In questo Paese manca il coraggio di dar vita a delle comunità basate su autentici valori morali, oggi si corre il rischio di cadere nello scontro sociale che l’imprenditoria predatoria vorrebbe al fine di dar vita ad un regime totalitario. Non è con la violenza e il ricatto che si costruisce un futuro ne tantomeno con il voto di scambio ma riscattando la libertà attraverso una riorganizzazione pacifica della società dove al centro vi è l’essere umano con la sua dignità, i suoi diritti e i suoi doveri.

L’onestà e la trasparenza degli atti nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini devono essere i principi base, basta compromessi! La predominanza del potere politico/affaristico ha umiliato milioni di persone relegandole nella povertà e limitando il loro potere contrattuale nei rapporti economici, politici e sociali; alcuni “rappresentati” hanno offeso la loro dignità definendoli degli incapaci, dei perdenti: quei rappresentanti non devono essere votati, non sono idonei a rappresentare le istanze legittime di tutti i cittadini fino agli ultimi e a contro bilanciare lo strapotere dell’imprenditoria parassita e predatoria.  

Onoriamo coloro che sono morti tragicamente per servire quei valori non a parole ma con i fatti, con il nostro impegno quotidiano possiamo cambiare le regole ingiuste imposte da individui senza scrupoli. Non facciamoci ricattare da quel manipolo di falliti senza arte né parte, la loro nullità si manifesterà solo quando perderanno quel consenso “comperato” da individui disposti a vendersi perché privi di una coscienza civile. E’ una strada in salita ma è l’unica percorribile se vogliamo sperare in un futuro.