Economia

L'80% dei contratti di lavoro dipendenti è a tempo determinato

Il Partito Democratico questa volta non si complimenta con se stesso, con Renzi con il Jobs Act e con chiunque pensi possa valerne la pena per la propria propaganda, in relazione a quanto ci fa sapere la nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione relativa al primo trimestre 2018, redatta in collaborazione da ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal.

Vediamo perché.

Tra attivazioni e cessazioni, su base annua, il lavoro dipendente a tempo determinato continua ad aumentare per l’ottavo trimestre consecutivo (+350mila unità).

Il problema, però, è che l'incidenza delle attivazioni a tempo determinato sulle attivazioni totali è pari all'80,1%, in aumento rispetto al 77,6% registrato nel primo trimestre del 2017!

Secondo la fonte Inps-Uniemens, che include il lavoro in somministrazione e a chiamata, vi è un forte incremento del tempo determinato (+492mila unità su base annua). Al contrario, per le posizioni lavorative a tempo indeterminato (contratti permanenti) si osserva un nuovo consistente rallentamento della crescita (+41mila posizioni).

Ulteriore dato che fa riflettere è quello degli infortuni sul lavoro con esito mortale accaduti e denunciati all'Inail. Nel primo trimestre del 2018 sono stati 212 (di cui 145 in occasione di lavoro e 67 in itinere), in aumento di 22 casi, pari al 10%, rispetto al primo trimestre del 2017.

Di questi dati dovremmo essere soddisfatti? Di questa situazione dovremmo ringraziare il Jobs Act e chi lo ha ostinatamente preteso? L'aumento della precarizzazione dei contratti di lavoro e la diminuzione della sicurezza sui luoghi di lavoro è cosa di cui rallegrarsi e da sbandierare come un successo? Specialmente da parte di un partito che si definisce socialista?

Forse lo hanno capito anche al Nazareno, di solito sempre pronti ed efficaci a complimentarsi con il Pd, con Renzi e tutta sua corte, per quanto fatto in passato, per qualsiasi notizia di carattere economico anche pur vagamente positiva. Stavolta, invece, silenzio.

Autore Mario Falorni
Categoria Economia
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