Dopo le dichiarazioni di Prodi a Repubblica, abbiamo avuto la conferma che il Partito Democratico è ormai finito. Il "professore", ci mancherebbe, in realtà ha detto l'esatto contrario: «Non c’è nulla di irrimediabile, in politica c'è sempre un futuro. Non tutto è irrimediabilmente compromesso.

Io alla vigilia ero il più pessimista, ne avevo parlato con tutti. Purtroppo, i dati hanno dimostrato che sono stato comunque infinitamente più ottimista del dovuto.

Al popolo di centrosinistra dico che ci sono, nel senso che seguo con tanta attenzione e partecipazione questo momento così difficile. I miei sentimenti sono chiari, è un momento difficile, difficile."

Considerando che Prodi, ricordando in questo lo stesso Matteo Renzi, ha la sfortuna di annunciare l'esatto contrario di ciò che avverrà nella realtà, in special modo in quella della politica, è chiaro che la sorte del Partito Democratico è ormai irrimediabilmente segnata!

Ma lo è soprattutto perché chi c'è dirigerlo non sembra aver - neppur vagamente - capito il perché della disfatta del partito guidato da Renzi.


I seguenti piccoli esempi non ne sono la prova, ma di certo costituiscono un ottimo indizio. Ecco così come Andrea Orlando "analizza" la sconfitta del PD, in una intervista all'Ansa: «Non si tratta neppure di dare delle colpe della sconfitta... Io spero che le dimissioni di Renzi e del gruppo dirigente segnino l'avvio di una fase che dia un nuovo assetto, anche se questo non sarà risolutivo di per sé: bisogna riaprire un confronto coi nostri iscritti, con i militanti e provare a recuperare chi se ne è andato; poi discutiamo delle scelte istituzionali da fare".

Nelle parole di Orlando, non c'è neppure un vago accenno, anche pur limitato ad una possibile ipotesi, sul perché così tante persone abbiano smesso di votare Pd.


Ma, in questo senso, ancor più incomprensibili appaiono le parole del presidente Matteo Orfini che su facebook ha scritto: «Noi non abbiamo perso perché abbiamo governato male: abbiamo portato il paese fuori dalla peggiore crisi degli ultimi decenni, e portato a casa leggi e misure che in altri momenti storici avrebbero fatto gridare al miracolo. Certo ci sono stati anche errori, per carità. Ma il saldo è sicuramente positivo. Non abbiamo nemmeno perso perché lo abbiamo comunicato male.

Siamo stati sconfitti culturalmente e politicamente, non abbiamo saputo convincere il paese a superare i propri timori. Ha vinto chi ha puntato sulla paura e sulla rabbia. Ha perso chi ha provato a scommettere sulla fiducia nel futuro. Ed è andata così anche perché nei molti luoghi dove quella paura è più forte noi non c'eravamo più.»


Persino uno come Gianni Cuperlo, in genere tra i pochi nel Pd ad aver dimostrato sempre una certa lucidità, non riesce ad inquadrare con esattezza il problema della sconfitta del Pd: «Noi paghiamo la responsabilità del governo (nonostante le cose buone fatte, e non sono state poche) assieme a un giudizio severo sulla classe dirigente del partito maggiore (e scrivo classe dirigente perché rovesciare ogni colpa su uno soltanto prima che un alibi sarebbe un errore). Le responsabilità di chi era alla guida ci sono state e in molti le abbiamo indicate (sino all’altro giorno e a quelle critiche rivolte a tutti, Quirinale Gentiloni in primis, ma senza un cenno a una legge elettorale sbagliata e alle cause di una frattura così profonda tra noi e buona parte della società Italiana).


Ma allora, quali sarebbero le cause della sconfitta elettorale del Pd alle politiche 2018? Solo una, quella di voler definirsi partito socialista e fare poi leggi (ma non dimentichiamoci neppure dei comportamenti) che avrebbe potuto fare un governo non di centrodestra, ma addirittura di destra. È tanto difficile comprenderlo? Sicuramente è imbarazzante ammetterlo.

Ma perché etichettarsi di sinistra e fare delle leggi di destra? Perché definirsi di sinistra e smettere di parlare con i sindacati, indicandoli all'opinione pubblica come il male assoluto? Perché definirsi di sinistra e far credere che le Ong che salvavano i migranti in mare fossero dei trafficanti mascherati? E che dire poi sullo stesso argomento delle scelte fatte dal ministro Minniti?

E quelli sopra citati sono solo alcuni esempi. E non si tratta di dire che per la sinistra certi problemi non vadano affrontati e neppure risolti. Semplicemente, se esiste un modo per risolverli senza rinunciare a quelli che dovrebbero essere gli ideali della sinistra, perché non lo si è fatto?

E dato che questo è quanto accaduto, perché meravigliarsi poi se chi una volta votava per la sinistra e per il Pd adesso cerca la sinistra nei 5 Stelle? Perché è così difficile capirlo?