Ieri Boris Johnson ha incontrato Angela Merkel. Come previsto, il premier britannico ha detto alla cancelliera che il principale ostacolo per un sì alla Brexit è rappresentato dal backstop per gestire una soluzione temporanea al confine tra le due Irlande.

Un problema, a dire il vero, al momento irrisolvibile. Infatti, quella clausola prevede che i confini tra le due Irlande vengano gestiti in base agli attuali accordi che regolano gli scambi tra Regno Unito e Unione europea finché non si trovi una soluzione che possa soddisfare entrambe le parti e che, comunque, soddisfi la condizione - a cui al momento nessuno è stato in grado di trovare una risposta - relativa al fatto che anche dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue i confini tra Irlanda e Irlanda del Nord rimangano aperti.

Per una parte del Parlamento britannico il backstop è un cavallo di Troia, perché, in teoria, se una soluzione per le due Irlande non venisse trovata, la Gran Bretagna finirebbe per rimanere legata per sempre all'Unione europea, nonostante la Brexit.

Per questo Johnson ieri è andato dalla Merkel per chiedere che supportasse quella che per lui è la migliore soluzione: togliere il backstop dall'accordo firmato dalla May.

La Merkel è stata vaga, dichiarando che in un mese si potrebbe arrivare ad una soluzione condivisa. Soddisfazione di Johnson che ha cercato di far passare la dichiarazione come un quasi successo.

In realtà la Merkel, che si è ben guardata dal dire di voler rivedere l'accordo siglato da Regno Unito e Ue sulla Brexit, ha voluto affermare che una soluzione politica di interpretazione del backstop è possibile trovarla. Niente a che vedere, pertanto, con il suo ritiro.

Inoltre, Macron, a cui Boris Johnson farà visita questo giovedì, ha già ricordato che il piano concordato al tempo con Theresa May non può essere ridiscusso, aggiungendo che l'argomento è già stato dibattuto al Consiglio europeo e che non sarà certo la Francia a volerlo rivedere.

Per Macron, pertanto, è sempre più concreta l'ipotesi di una hard Brexit. Però, quello che il presidente francese già in passato aveva ipotizzato è che continua a ritenere possibile è che l'Europa conceda un'ulteriore allungamento dei tempi per la scadenza fissata adesso al 31 ottobre, nel caso di svolte politiche come nuove elezioni o di un nuovo referendum sulla Brexit.

In tal senso, è sempre più attivo il laburista Corbyn che, dopo aver annullato un viaggio in Ghana, sta cercando di trovare i consensi necessari per appoggiare una mozione di sfiducia a Boris Johnson, per poi andare al voto, ma non prima di concordare con Bruxelles una nuova scadenza per la Brexit. Questo non potrebbe prescindere dal fatto che Corbyn possa guidare un governo di transizione. Questo passaggio, però, non convince i liberal democratici e soprattutto i conservatori anti (hard) Brexit.