di Maria Garcia Sanchez e Lucia De Sanctis


Quella che segue è un’intervista che il criminologo Vincenzo Musacchio ha rilasciato, sulla lotta alla mafia e sui legami tra quest’ultima e la politica.

Professore, a che punto è la lotta alla mafia nel nostro Paese?

A un punto morto. Il “sistema Falcone” è stato sistematicamente smantellato tassello dopo tassello. Il ruolo dei collaboratori di giustizia sta diventando sempre più marginale. Le confische dei patrimoni illeciti accumulati dai mafiosi languono. Parlare di mafie è sempre più difficile. Il 41 bis e l’ergastolo ostativo sono ormai solo un simbolo.  La lotta alla mafia quella “alla Falcone” e “alla Borsellino” è finita. È stata strangolata dalla pomposità delle ricorrenze e dalla promozione dell’antimafia come mezzo per costruire carriere. 


Possiamo dire che la risposta dello Stato oggi è insufficiente?

Non è solo insufficiente, ma è anche sbagliata e inadeguata alle evoluzioni delle nuove mafie. L’Italia è ferma ai tempi del pool antimafia di Chinnici e Caponnetto e l’Unione europea non ha assolutamente affrontato il problema del contrasto alle mafie, anzi, sono state emanate norme che le hanno di fatto favorite (penso d’impatto al rientro dei capitali dall’estero). In questo momento si parla di tutto tranne che di mafie, sembra come se non esista più un’emergenza criminalità organizzata. Le nuove mafie che dovremo combattere invece sono più potenti e molto più pericolose delle precedenti.


Il prossimo 25 settembre la mafia dove sposterà i suoi voti?

Li ha già spostati. Loro puntano sempre sulla squadra vincente e non sbagliano mai. Offrono pacchetti di voti in cambio affari e guadagni di ogni genere. Caponnetto mi diceva spesso che la mafia non è di destra, di sinistra o di centro, ma sa trovare dentro di ognuno dei tre schieramenti le persone “giuste” e utili ai propri affari criminali.


Si riuscirà a spezzare il legame mafia-politica?

Spero fortemente di sì. Per ora questo legame si è rafforzato. Nel Paese tra i più corrotti dell’Unione europea l’onestà è un “quasi crimine”. In Italia mafia e politica sono ormai simbiotiche. Un tempo erano i mafiosi ad andare dai politici a chiedere favori, oggi accade esattamente in contrario, sono i politici che cercano i mafiosi e con loro s’integrano.


Il prossimo Governo cosa potrebbe fare nella lotta alle mafie?

La politica in generale ha il compito di fare le leggi. In questo caso dovrebbe farne di efficaci e irreprensibili, cioè in grado di incidere concretamente nella lotta alle nuove mafie. Poi occorrerà quella rivoluzione morale e culturale in grado di incidere sulla mafiosità. Spero tanto che un giorno in questo nostro disgraziato Paese finalmente diventi sconveniente delinquere. Mi auguro di essere ancora in vita quel giorno che questo accadrà, perché sono sicuro che alla fine succederà.


Lei spesso racconta le mafie ai più giovani nelle scuole di Italia, vede i nostri ragazzi interessati al tema?

Assolutamente sì. Vivo molto in mezzo ai giovani. Quest’anno compio trent’anni di presenza nelle scuole per spiegare le mafie e far conoscere chi le ha combattute a viso aperto e a schiena dritta. Credo di aver costruito un rapporto speciale con i ragazzi e vedo che spesso sono interessati. Alcuni li ho visti persino commuoversi quando racconto storie di vittime di mafia struggenti. Gli studenti sono in grado di comprendere quando la mafia si spiega in modo corretto. Credo sia essenzialmente una questione di credibilità. Se si vuol essere di esempio, occorre essere l’esempio. I giovani non s’ingannano facilmente.


Chiudiamo con un messaggio rivolto proprio ai giovani?

Certamente. Vorrei dire loro che alla sottocultura mafiosa dovranno rispondere con la cultura, con l’impegno e con la solidarietà. La conoscenza e l’informazione dovranno essere i presupposti per impedire l’attecchire delle mafie nelle prossime generazioni. Prima ancora che un fenomeno criminale, le mafie e la mafiosità sono fenomeni culturali. Questo è il messaggio che lancio ai giovani e che spero accolgano come un atto d’amore nei loro confronti.


Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.