Il premier britannico, Boris Johnson, questo lunedì si è occupato di coronavirus per prendere le decisioni che ad oggi il governo del Regno Unito ritiene più efficaci per il suo contenimento. Decisioni politiche condivise con il Professor Chris Whitty, consulente del governo per problematiche di natura medica.

Attualmente, il numero di contagiati in Gran Bretagna è arrivato a 321, con 18 persone guarite e 4 decedute, di cui 2 solo oggi, entrambe settantenni che non soffrivano di altre patologie. 

Ma a differenza di quanto sta accadendo in Italia, vittima di una gara per la totale chiusura del Paese, l'approccio britannico nel gestire l'emergenza sembra impostato all'attesa e alla calma, con il professor Whitty che ai giornalisti ha fatto presente che introdurre misure drastiche "troppo rapidamente" potrebbe diventare problematico, sia perché non sarebbe poi possibile tornare indietro, sia perché qualsiasi decisione presa deve anche essere comunque sostenibile: misure giuste al momento giusto.

Tutto questo dando per scontata la consapevolezza che l'epidemia si estenderà anche al Regno Unito. Ad oggi solo a coloro che siano stati in un paese interessato più di altri dal contagio da Covid-19 o che abbiano avuto stretti contatti con una persona infetta è stato chiesto di mettersi in quarantena, volontariamente. Nei prossimi giorni, le persone con patologie preesistenti e le persone anziane saranno anch'esse invitate a mettersi in auto-isolamento nel caso riscontrassero sintomi influenzali.

Ad oggi, però, misure estreme come la chiusura delle scuole e il divieto di eventi pubblici che riuniscano centinaia o migliaia di persone contemporaneamente non sono neppure presi in considerazione, come anche nell'immediato futuro.

Nel frattempo, è stato ricordato ai britannici di lavarsi le mani, non toccarsi la faccia e starnutire nei fazzoletti di carta.