Cosa si potrebbe fare di tutte quelle poesie, frammenti, riflessioni, che molti di noi hanno sparsi per l’hard disk? Una bella raccolta, ad esempio, magari sotto un titolo che ne gabelli il minestrone per una cosa di alta cultura.
Ecco cosa potrebbe essere successo a monte dell’uscita di Utensili sparsi, una silloge di ben
Centoventisette poesie presentate dall’editore così: “Uomini come utensili sparsi sul brodo arido del mondo, esseri che si agitano in atmosfere realisticamente surreali, realtà anacronistiche, scarti e liberi reietti come perle nell’aria subsonica e missili contro il sistema dell’umanoide perfettamente inquadrato nel sistema. Liriche nel libero gioco della dinamica destrutturalista.”
Che belle parole, nevvero?
Ecco cosa potrebbe essere successo a monte dell’uscita di Utensili sparsi, una silloge di ben
centoventisette
(!) poesie a firma di Maria Antonietta Pinna – autrice sarda emigrata prima a Roma, poi in Inghilterra – e di tale Fremmy DaFunk [Netttarg, 2016, 154 pagine].Centoventisette poesie presentate dall’editore così: “Uomini come utensili sparsi sul brodo arido del mondo, esseri che si agitano in atmosfere realisticamente surreali, realtà anacronistiche, scarti e liberi reietti come perle nell’aria subsonica e missili contro il sistema dell’umanoide perfettamente inquadrato nel sistema. Liriche nel libero gioco della dinamica destrutturalista.”
Che belle parole, nevvero?