Uno dei temi preferiti da Sopoćko è il cuore di Cristo, rivelazione della misericordia  di Dio e fonte inesauribile della vita spirituale. Possiamo dire che al centro del pensiero spirituale c’è un discorso antropologico-cristologico, che pone il cuore come simbolo profondo dell’Amore divino, nella dimensione spirituale e fisica. 

Consideriamo che «il cuore di Gesù simboleggia il centro della Persona di Cristo, è il luogo della sua affettività, della libertà e della coscienza, lo spazio dove Egli si abbandonò al mistero di Dio e della vita, dunque è un chiaro simbolo d’amore»[1]. Sopoćko si occupa di questo tema per tre motivi. Il primo è l’ultimo atto brutale da parte dei carnefici sul corpo di Gesù che era già morto, nel quale vede il progetto divino per la maggiore conferma e testimonianza sulla morte vera e reale del Figlio di Dio. Il secondo è l’adempimento delle profezie e degli prefigurazioni dell’Antico Testamento, che si sono realizzati nell’Agnello pasquale.  Per esempio la prescrizione della legge di Mosè diceva di non spezzare le ossa dell’agnello consumato in famiglia, durante la festa di pasqua: «né romperà alcun osso» (Nm 9,12), nel Nuovo Testamento neanche a Gesù - Agnello immolato spezzarono le gambe. Il terzo, invece, è il cuore visto come centro dell’Amore misericordioso per tutta l’umanità, la porta d’oro sempre spalancata a tutti e per tutti[2].  Per molti secoli, come giustamente osservato da Kasper,

«la devozione al Sacro Cuore di Gesù fu considerata in molti secoli come espressione particolare della fede, nell’amore e nella misericordia di Dio, manifestati in Gesù Cristo; oggi però essa non ci è più tanto familiare (…). I nuovi accenti posti dal movimento liturgico nella vita di pietà, ma anche le rappresentazioni del Cuore di Gesù del XVIII e XIX secolo, contribuirono a farla passare in secondo piano. Tali rappresentazioni infatti, che mostrano Gesù con il cuore trafitto e spesso circondato da una corona di spine, possono apparire indiscrete, talora pacchiane e di cattivo gusto. Esse, inoltre, talora appaiono teologicamente problematiche, perché si concentrano sul cuore di Gesù, invece  di concepire  il cuore come centro e simbolo originario di tutto l’uomo»[3].

 Le radici bibliche della devozione stessa si trovano già nella «promessa del profeta Zaccaria (cf. Zc 12,10) ripresa dal Vangelo di Giovanni»[4]: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37). Nella «predizione, il cuore trafitto rappresenta tutta l’umanità di Gesù condannata a morte per noi. Nello sguardo rivolto al cuore trafitto, è visibile l’amore di Dio in Lui incarnato e divenuto manifesto»[5]. In Sopoćko leggiamo queste parole: 

 «I santi nel cielo gioiscono soprattutto per l’umanità di Cristo, sempre presente anche nel santissimo sacramento, per il suo dolcissimo volto, sorgente di ogni loro bellezza, bontà e felicità, per il suo cuore, la cui misericordia essi hanno sperimentato su di sé. Gioiscono delle sue ferite, attraverso le quali leggono con quale prezzo sono stati ripagati i loro tradimenti»[6]. 

 Nel cuore di Gesù, i santi e perfino i poveri, cioè i miseri intesi nel senso più ampio del termine, riconoscono che anche Dio ha un cuore (cor) per loro. Perciò possiamo dire che il Cuore di Gesù è il simbolo sensibile dell’amore di Dio incarnato[7] in Gesù Cristo (Logos incarnato), Egli è misericordioso (misericors).

Vale la pena sottolineare che le «radici bibliche si sono sviluppate solo lentamente nella storia della vita di pietà e hanno subito anche dei notevoli cambiamenti. Esse non sono affermazioni puramente edificanti, ma hanno un profondo fondamento dogmatico nella storia di Gesù Cristo della Chiesa antica, vincolante tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente. La dottrina ecclesiale, infatti, ha affermato che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, nella sua unità e identità. In questo senso, la Chiesa parla dell’unica ipostasi, dell’unica persona di Gesù Cristo in due nature»[8]. Per questa ragione, al Cuore di Gesù che simboleggia la natura umana di Cristo, «spetta l’adorazione. Nel cuore del Figlio di Dio incarnato batte e soffre il cuore dello stesso Figlio di Dio»[9]. Ecco perché Pio XI poté dire che «la devozione al Cuore di Gesù è il compendio di tutta la religione»[10].

Secondo il pensiero spirituale di Sopoćko, l’oggetto ufficiale e anche il motivo per cui esso fu istituito “la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù”, è la misericordia del Salvatore per tutta l’umanità, senza escludere il suo amore per il Padre nello Spirito Santo[11].  

Il Cuore di Gesù di Nazaret, in quanto vero cuore umano, rappresenta per il Nostro il “centro” della Persona divina, la fonte della vita spirituale, la sede dell’amore e della vita affettiva, il principio determinante e unificatore dei desideri conforme alla volontà del Padre, delle intenzioni e di tutte le decisioni. Tuttavia Gesù di Nazaret non è un uomo qualunque, ma è l’Uomo-Dio, nel quale abita corporalmente l’intera pienezza della divinità (cf. Col 2,9). Possiamo dire che quello di Gesù è un cuore umano ipostaticamente unito alla Persona del Verbo Divino. Per estensione, quel Cuore indica l’intera Persona umano-divina di Gesù, che manifesta “le profondità di Dio” (cf. 1Cor 2,10). Tanto è vero che dal fianco di Cristo morto in croce si è formata la Chiesa e così si adempì la Scrittura, dove dice: «Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua»  (Gv 19, 34). Infatti, per volontà divina, è stato permesso che un soldato romano trafiggesse e aprisse quella “porta d’oro”, e cioè il sacro costato da cui uscì “sangue ed acqua”. In questa sorgente, il teologo polacco vede l’inizio della salvezza umana, bevanda di fonte viva «che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Potremo dire che questa “sorgente salvifica” è inesorabilmente presente nei sacramenti della Chiesa[12], si diffonde nei “cuori di carne” che “ardono di amore”, per questo tutti gli uomini: «volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37).  Per Sopoćko, l’acqua e il sangue “sgorgati” dal cuore di Gesù sono i due sacramenti fondamentali della Chiesa, il Battesimo e l’Eucaristia, dove si osserva la donazione realizzata pienamente, sino al consummatum est: «tutto è compiuto» (Gv 19, 30), per amore e misericordia. Figlio di Dio morto sulla croce, con il sacro costato aperto, e cioè il cuore misericordioso trafitto e ferito dall’amore per tutti gli uomini, diventa una risposta ultima alla domanda sul valore e la preziosità delle persone. La vita e la felicità degli uomini valgono tanto e a tal punto che lo stesso Gesù si sacrifica per salvarli, purificarli, liberarli, sollevarli ed elevarli[13]. Per questo il Nostro dice che: «attraverso il colpo di lancia inferto da Longino, fu aperto il Sacro Cuore di Gesù, che contiene la misericordia per redimere tutta l’umanità»[14]. Effettivamente, la piaga del costato diventa come una “porta d’oro” del tempio di Dio, dove tutti gli affaticati, gli oppressi, i malati e i bisognosi trovano lo spazio per ricevere la salute spirituale e l’infinita misericordia. Essa diventa la vera porta d’ingresso per accedere al Paradiso, dove e soltanto si possono godere la vera gioia e il sollievo. 

Notiamo che questo simbolo del “tempio di Dio aperto” trova il suo culmine nel Vangelo secondo san Giovanni. Infatti, il dono dello Spirito Santo viene trasmesso da Gesù morto sulla croce, proprio con “il segno visibile dell’acqua” uscente dal sacro costato (cf. Gv 5,6-8). Già in Ezechiele, nella visione dell’acqua, che esce dal tempio, percorre la sua via e si getta nel Mar Morto, trasformandosi in un mare di vita (cf. Ez 47,1), vediamo il preannuncio del futuro “dono dello Spirito”[15]. Esattamente, per l’evangelista, Gesù morto sulla croce è il nuovo e definitivo “tempio di Dio” (cf. Gv 2,19). In altre parole diremo ancora, che «l’acqua che esce dal sacro costato diventa la realizzazione della promessa dei fiumi di acqua viva. Infatti, lo Spirito Santo è il fiume di acqua viva, limpida come cristallo, che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello. Sulle sue sponde fiorisce un albero di vita che, come quello profetizzato da Ezechiele, dà frutti ogni mese e le cui foglie servono da medicina»[16].   

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek



[1] A. Callahan, Cuore di Cristo, in L. Borriello (a cura di), Nuovo dizionario di spiritualità, LEV, Città del Vaticano 2003, p. 199.
[2] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, p. 227.
[3] W. Kasper, Misericordia, pp. 173-174: vedi K. Rahner, Alcune tesi per una teologia della devozione al Sacro Cuore di Gesù, in Saggi di cristologia e di mariologia, Paoline, Roma 1967, pp. 277-316. 
[4] Ibidem, p. 174.
[5] Ibidem.
[6] M. Sopoćko, Gesù confido in Te, AZSJM, Myślibórz, 08. 06. 1942, p. 3.
[7] Precisando, Gesù senza dubbio è Logos incarnato, ma Egli è anche l’Amore e Misericordia visibile, perciò perfino san Giovanni Paolo II nell’enciclica Dives Misericordia dice che: «Il Cristo pasquale è l’incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico-salvifico ed insieme escatologico» (DM 8).
[8] DH 259; 431, in W. Kasper, Misericordia, p. 175.
[9] Ibidem.
[10] Pius xi, De communi Expiatione Sacratissimo Cordi Iesu Debita Miserientissimus Redemptor [5 agosto 1928], in AAS 20(1928) 165-178.
[11] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 228.
[12] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdzu, pp. 96-99.
[13] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp. 219-221.
[14] Ibidem, p. 224.
[15] Cf. M. Sopoćko, Jezus Król Miłosierdzia, pp. 97-99.
[16] R. Cantalamessa, Il canto dello Spirito, Ancora, Milano 1998, p. 109.