Decine le manifestazioni, le assemblee, i sit-in promossi dall’Intersindacale della Dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, insieme con Associazioni di pazienti e di cittadini, che giovedì 15 giugno si sono svolte in tutta Italia, in difesa del diritto alla salute e del servizio sanitario nazionale pubblico e universale.
La mobilitazione, partita nel dicembre 2022 da Piazza SS Apostoli a Roma, dopo l’Assemblea pubblica del 16 maggio alla Sala Capranichetta, è arrivata adesso nelle piazze, nelle vie, negli ospedali di 39 città per chiedere di "arrestare la deriva verso la privatizzazione dei servizi sanitari e la frantumazione di un diritto che la Costituzione vuole assicurare anche attraverso la valorizzazione dei professionisti, veri garanti della salute delle persone che tale deriva mette sempre più a rischio".
Così Di Silverio, Anaao-Assomed, ha spiegato le ragioni della protesta:
Il Ssn è “allo stremo e o si agisce bene e in fretta o noi non permetteremo al Ssn di disgregarsi, siamo pronti a tutto. Se arriveremo allo sciopero, e se accadrà sarà anche perché avremo un contratto che al momento è stagnante, non sarà lo sciopero di un giorno. Così come di sicuro non sarà l'unico strumento estremo che useremo. Non escludo neanche le dimissioni di massa. Si tenga conto che l’Anaao, nel giro di un mese, ha già ricevuto 5.000 richieste di informazioni per dimissioni di massa. C’è voglia di scappare dal Ssn che è una gabbia”.Le premesse non sono buone. “In passato con le istituzioni c'è stato un dialogo parziale, frammentato e non utile, evidentemente. Oggi abbiamo un dialogo, almeno con il ministro. Il problema è che forse il ministero della salute ha un dialogo frammentario e non utile con il ministero dell'Economia. La netta impressione è che il vero ministero della Salute sia il Mef e questo è grave, perché vuol dire che si continua a considerare la sanità un costo, come è stato negli ultimi 20 anni. La sanità, invece, è un servizio e una risorsa, imprescindibile e che produce indirettamente economia, cosa che il Mef dovrebbe comprendere. Questo se volessimo essere economicistici e non sociali, cosa che noi non vogliamo essere”.“Non deve essere percepita come una lotta di classe. Stiamo cercando di coinvolgere i cittadini perché il problema è diventato sociale”, ma il cittadino “oggi sembra sopito. Evidentemente dà per scontato il fatto di accedere gratuitamente al farmaco per la chemioterapia, che costerebbe a pillola 150 euro, così come altre prestazioni. Invece tutto questo è a rischio, perché da una parte abbiamo il disegno di autonomia differenziata, dall'altra si continua con il disinvestimento economico e organizzativo del Ssn. Ci si ostina a proseguire con leggi anacronistiche quali il tetto di spesa al personale, il taglio dei posti letto – ben 35mila da quando è entrato in vigore il decreto 70. Così facendo non si permette al cittadino di accedere in ospedale come luogo di cure, bensì lo si costringe ad accedervi con l'unica porta di ingresso che è il pronto soccorso. Questo significa smantellare il sistema di cure”.“Al ministero della Salute chiediamo di non farsi più commissariare dal Mef e di riconquistare la sua funzione. Perché se è vero che Schillaci è nostro alleato, è anche vero che c’è un problema politico di peso che ha all’interno del Governo. Il ministero della Salute dovrebbe essere il perno del Welfare State ma sembra che il Governo non la pensi così”.