Narreremo di fatti accaduti prima a Genova, poi in quel di Imperia, dunque in Liguria. Conosciamo alquanto il territorio di cui parleremo. Anche se saremo molto più insicuri al momento di tirare due somme, sia pur minime.

Aprile 2006: un'istruttrice di fitness, Luciana Biggi, viene trovata esanime, sgozzata, in vico San Bernardo, pieno centro storico genovese: tempi di movida, sia pure sempre oscurata da fauna pericolosa, code di malmostosi ex giottini, niente di paragonabile a Madrid o Andalusia, se vogliamo ricordare il paragone.

 Sapete come ragiona a volte la gente. L'ambiente delle palestre non è amato, si fanno pettegolezzi, si dice che girino sostanze; succede anche in parlamento, ma l'Italia è ancora un po' piccolo borghese e bigotta, e i giornalisti...insomma, non sempre vanno per il sottile. I media locali si aggirano per i "caruggi", intervistano punkabbestia, ancora presenti allora,  o artisti di strada, tutti strafatti come biglie, e qualcuno lascia scappare maliziosamente che la Luciana si aggirava sempre per quelle zone, che aveva amici maghrebini, olé, altro che movida, già si adombra la figura di una girl temeraria, in cerca di emozioni forti.

Subito monta la protesta dei bravi cittadini, questa città è uno schifo, gli extracomunitari ci rovinano, giunta maledetta cosa fai? Si guardano le telecamere, quelle che ti beccano subito se ti metti le dita nel naso o ti gratti il didietro, ma quasi mai aiutano a risolvere un caso, infatti si riesce a intravedere solo un'ombra, presumibilmente maschile, che scantona.

 In realtà Luciana aveva una specie di fidanzato, anzi ormai più ex, che a dire della gemella Bruna ( il resto della famiglia, compreso un fratello, è prematuramente scomparso) e come confermato dagli amici, le dava il tormento,  il trentenne Luca Delfino.

Spesso questo genere di personaggi presenta un aspetto respingente, specie nelle fotografie che girano in rete e in televisione o nelle interviste, invece qui macché. Luca appare davanti alle telecamere carino, occhioni neri ammiccanti, un po' spavaldo se vogliamo; ci tiene al look, chiede se lo inquadrano bene , risponde alle domande: sì, è vero, da ragazzino aveva un po' infastidito una morosetta di allora che lo voleva lasciare ma, si giustifica "eravamo piccoli", insomma scaramucce da adolescenti. Di Luciana non sa nulla, è affranto e ostenta anche una certa solerzia nell'affiancare le ricerche del probabile assassino.

 Ecco, però, che la vicenda imbocca una piega obliqua e va in vacca. Il capo della Mobile genovese è convinto della sua colpevolezza, ma un PM piuttosto famoso blocca tutto e motiva: non ci sono prove, spenderemmo i soldi del contribuente per un processo inutile. Poi si riprende l'azione penale, ma senza successo, almeno per Luciana.

Passa poco più di un anno quando, in pieno centro a Sanremo, è agosto, una trentatreenne , Antonella Multari, viene massacrata con quaranta coltellate. Questa volta non ci sono dubbi, è lui,  Luca, acchiappato grazie a un coraggioso cittadino che lo insegue con l'auto.

 Cosa è dunque accaduto in quell'anno e mezzo?

 Delfino, forte del suo aspetto non sgradevole e dei suoi modi accattivanti quando vuole, ha conquistato Antonella, un'estetista di origini calabresi, adorata figlia unica, amante dei cani , bionda e dolce, forse troppo fiduciosa e poco informata, se non tardivamente dai genitori, su chi fosse il ragazzo con cui aveva avviato una relazione da subito seria e coinvolgente.

La biografia dello stalker/assassino è tuttora in parte avvolta dal mistero. Si è detto che la madre si suicidò in sua presenza quando il piccolo aveva tre anni e lui sia cresciuto con matrigna e fratellastro, insoddisfatto, insicuro, anaffettivo, nullafacente e vagabondo. Il milieu sociale non è mai stato esplicitato, si apprende solo che in famiglia lo avrebbero sempre coperto, non ignari delle sue turbe.

Già, perché se prima il nostro si mostrava in versione piaciona e rassicurante, adesso viene fuori con una lunga barba nera, occhi spiritati, una copia aggiornata di Satana Manson, lo stragista di Bel Air per chi ricorda la vicenda Sharon Tate del 1969, e di più: urla scompostamente frasi sconnesse , alza i polsi ammanettati, invoca il nome di Antonella come se fosse ancora viva e qualche forza malvagia gli vietasse di vederla, insomma, un pazzo scatenato che, ovviamente, l'avvocato vuole indicare come totale infermo di mente.

I poveri genitori Multari non sanno a che santo votarsi, ricordano le denunce ai Carabinieri, chiedono perfino l'intervento del guardasigilli, l'allora imbarazzatissimo Mastella, consapevole della sicura brevità del suo incarico, nè meglio andrà in seguito; alla fine seguiranno, da parte di questa prima tranquilla  famiglia, amare dichiarazioni sull'opportunità di farsi giustizia da soli: la condanna infatti sarà di sedici anni , con il contorno di sconti e benefici che la accorcerà inevitabilmente.

A noi tuttavia  rimangono in mano diversi cerini. Primo: chi ha ucciso Luciana Biggi? La risposta per molti è scontata, ma non la si può fornire, però si è smesso di indagare: o che ipocrisia giudiziaria è mai questa?  Non con molto di più in mano, secondo molta dell'opinione pubblica, è stato sbattuto all'ergastolo Salvatore Parolisi. Una moglie è una moglie, figurarsi se anche madre, ma vale tanto di più di una qualunque altra cittadina italiana, se si tratta di cercare il responsabile della sua atroce morte?

Secondo: la legge sullo stalking funziona? A nostro avviso, ben poco. Prima di essa, si conoscono episodi perseguiti con successo,  esistendo comunque  altri tipi di reati come quello di  violenza privata, per esempio, e altri finiti tragicamente, ma non risulta che la nuova norma abbia scoraggiato il fenomeno degli amanti ossessionanti e spesso aguzzini delle loro donne o ex tali.

Terzo: i fiumi di parole versati da opinionisti, profilers, scrittori, psicologi, esperti del settore investigativo, inquadrano il problema a dovere? Le trasmissioni accorate come "Amore criminale" sensibilizzano nella giusta direzione?


Questa è la parte che maggiormente ci angoscia. Riascoltando le telefonate di Luca ad Antonella è fin troppo chiaro che non c'è margine di mediazione, quando ci si imbatte in soggetti simili. Che amino o meno, di certo vogliono fare del male, sono dei terminator senza passato nè futuro da difendere, quasi un esercito di sterminatori mandati ad aggiungere triboli a quelli che già sopportiamo. Hai voglia a denunciare, non si possono avere scorte per ogni malcapitata. Qualcuno recede, ma molti , forse con la correità dell'assunzione di sostanze o per disturbi della personalità a fatica tenuti a bada dai medici, o per nulla se non si hanno denari per accapparrarsene di validi,  sono null'altro che panzer con il motore a mille e nessuno alla guida.

Il padre di una vittima lo disse, in un servizio del citato programma di Rai Tre: avrei dovuto ucciderlo prima. Questa è la soluzione? O fuggire nottetempo, senza lasciare tracce di sé, lontano, agli antipodi, senza curar d'altro che della salvezza?

 E il dopo? Questi escono, magari dalla vittima hanno pure avuto figli che reclamano di vedere, o tramano vendette, o semplicemente desiderano ricominciare da qualche altra parte, quando ormai saranno in pochi a ricordarsi di loro.

 Non abbiamo alcuna risposta da offrire, nemmeno a noi stessi. E' male puro.