Lo scorso gennaio Trump è stato sospeso dai suoi account social a seguito dell'assalto al Campidoglio, di cui si sono resi responsabili i suoi sostenitori. 

Nei mesi successivi, Trump ha tentato di metter su una piattaforma social proprietaria dove poter rivolgersi direttamente agli americani in modo da aggirare il veto impostogli da Facebook e Twitter... ma senza successo.

Per questo motivo, Trump ha deciso di intentare un'azione legale contro le Big Tech Google, Twitter e Facebook, sostenendo di essere vittima di censura.

In una conferenza stampa dal suo resort a Bedminster, nel New Jersey, Trump si è scagliato contro i social media... e i democratici, responsabili di aver creato un regime di  disinformazione.

La causa, che  verrà discussa in un tribunale federale della Florida, è un mezzo come un altro per consentire a Trump di tornare alla ribalta delle cronache. Da un punto di vista giuridico, a qualsiasi commentatore appare difficile che possa avere una qualche possibilità di successo.

Trump farà riferimento al Primo Emendamento sostenendo che i suoi diritti siano stati violati. A loro volta, le aziende tecnologiche diranno che, in quanto aziende private, hanno il diritto di decidere chi debba o meno utilizzare la loro piattaforma, un argomento che probabilmente finirà per essere determinante.

La decisione di Trump, al di là di ogni altra valutazione, testimonia quanto sia determinante per certi politici utilizzgare i social media per potersi rivolgere direttamente agli elettori, senza l'intermediazione dei classici mezzi d'informazione, raccontando loro ciò che vogliono... vero o falso che sia! È stata la chiave del successo di Trump negli Stati Uniti, è la chiave del successo di altri politici al pari di Trump nel resto del mondo, Italia compresa. 

Ma tutto ciò è normale?