Italiani in movimento: il quadro della mobilità sanitaria interregionale nel 2023
La mobilità sanitaria in Italia continua a essere un fenomeno complesso e dinamico, come evidenziato dal terzo rapporto Agenas, realizzato in collaborazione con il Ministero della Salute.
Dopo la battuta d’arresto imposta dalla pandemia, il 2023 mostra segnali di cambiamento significativi, con un rallentamento dell’esodo per le cure di bassa e media complessità, ma un incremento delle migrazioni per trattamenti di alta specializzazione.
Un calo nei ricoveri a bassa complessità
Nel 2023, il numero di ricoveri fuori Regione è sceso rispetto al 2019, passando da 707.811 a 668.145. Questo trend riflette una maggiore fiducia degli italiani negli ospedali della propria Regione, favorita probabilmente dall’introduzione di nuove infrastrutture sanitarie e miglioramenti organizzativi a livello locale. In particolare, il calo delle cure a media e bassa complessità è stato accompagnato da una riduzione del 12% dei costi, pari a un risparmio di circa 85 milioni di euro.
Alta complessità: un trend in crescita
Tuttavia, la migrazione sanitaria per trattamenti ad alta complessità ha mostrato un aumento del 12% rispetto al 2019. Questo tipo di cure, che include interventi sofisticati e costosi come trapianti e terapie avanzate, ha generato nel 2023 un giro d’affari di 2,88 miliardi di euro, rispetto ai 2,84 miliardi del 2019. Le strutture private accreditate continuano a dominare il panorama, gestendo circa il 72% delle prestazioni di alta complessità.
Un Sud che perde pazienti, un Nord che attira
Il flusso migratorio sanitario mantiene una direzione prevalente da Sud verso Nord, con l’83,78% degli spostamenti diretti verso le Regioni settentrionali. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto si confermano le Regioni più attrattive, grazie alle eccellenze nei trattamenti delle patologie muscolo-scheletriche e del tessuto connettivo. Emilia-Romagna e Lombardia registrano rispettivamente saldi economici positivi di 387 e 383 milioni di euro.
Al contrario, le Regioni meridionali continuano a soffrire: la Campania, pur riducendo del 6% le spese legate alla mobilità passiva, resta la più penalizzata, con un saldo negativo di 211,3 milioni. Seguono Calabria (-191,8 milioni), Sicilia (-139,6 milioni) e Puglia (-126,9 milioni). Una situazione che evidenzia le difficoltà strutturali e organizzative della sanità nel Mezzogiorno.
Le sfide per il futuro
Il rapporto Agenas non si limita a fotografare la situazione, ma solleva questioni fondamentali per il futuro della sanità italiana. Tra queste, la necessità di:
- Uniformare le tariffe: le differenze tra tariffe regionali creano disparità e penalizzano le Regioni meno attrezzate.
- Valorizzare le eccellenze: concentrare risorse su centri di riferimento nazionale per trattamenti complessi, evitando duplicazioni inefficaci.
- Riequilibrare i finanziamenti: sia il sistema pubblico sia quello privato soffrono un sottofinanziamento cronico che rischia di compromettere la qualità del servizio.
Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas, ha sottolineato come la mobilità sanitaria rifletta errori di sistema che devono essere corretti con un approccio scientifico e asettico. Inoltre, ha avvertito dei rischi legati a una crescente mobilità transnazionale, favorita dalle normative europee.
La mobilità sanitaria italiana racconta una storia di eccellenze, ma anche di profonde disuguaglianze territoriali. Affrontare queste sfide è essenziale per garantire il diritto alla salute su tutto il territorio nazionale, in linea con i principi costituzionali. Resta da vedere se le istituzioni sapranno trasformare i dati e le analisi del rapporto Agenas in azioni concrete per un sistema sanitario più equo ed efficiente.