Mentre il premier israeliano Netanyahu prosegue con le sue dichiarazioni, oltretutto sempre più provocatorie, sule annessioni di territori della Cisgiordania, aumentano le preoccupazioni internazionali per le conseguenze di tale iniziativa, unilaterale.

Più di tutti, ad essere preoccupato, è il re Abdullah II di Giordania, a causa delle conseguenze che inevitabilmente finirebbero per coinvolgere anche il suo Paese che già ospita molti profughi palestinesi e che, in seguito ai piani di Israele, sarebbe a rischio di una vera e propria invasione di profughi palestinesi, poiché Israele confina a est con il regno hashemita.

Così, in un colloquio  telefonico con il ministro degli esteri britannico Dominic Raab, il ministro degli esteri giordano Ayman Safadi ha sottolineato che la comunità internazionale "deve agire con rapidità ed efficacia per proteggere le prospettive di pace del medio oriente dal piano israeliano, pericoloso e senza precedenti", aggiungendo che la Soluzione a 2 stati, appoggiata dalla Gran Bretagna, è "l'unica maniera per arrivare ad una pace giusta e completa".

Safadi ha telefonato anche al segretario di stato americano, Mike Pompeo, per ribadire lo stesso concetto, facendogli presente che "la Giordania respinge ogni annessione che danneggi le possibilità di pace".

L'iniziativa del ministro israeliano segue un'intervista di un paio di settimane fa del re di Giordania al settimanale Der Spiegel, in cui Abdallah avverte Netanyahu che se Israele darà seguito all'annessione della  Cisgiordania, automaticamente entrerà in conflitto politico e diplomatico con il regno hashemita, senza escludere anche il possibile congelamento del trattato di pace con lo Stato ebraico.

Ma il premier israeliano non solo si è mostrato finora incurante delle critiche internazionali, escludendo i soli Stati Uniti, ma ha aumentato persino arroganza e sfacciataggine nelle sue dichiarazioni pubbliche nel descrivere le finalità del suo piano di annessione, giustificandolo con la Bibbia!

"Tutti i piani offertici in passato – ha detto Netanyahu – includevano la rinuncia a parti di Israele (inteso come l’Israele della Bibbia), il ritiro ai confini del 1967 e la divisione di Gerusalemme consentendo al contempo ai rifugiati (palestinesi) di entrare in Israele (quindi di tornare nella loro terra di origine come afferma la risoluzione 194 dell’Onu). Questo piano offre il contrario. Non siamo noi a dover rinunciare a (territori), lo sono i palestinesi".