Oggi è il Giorno del ricordo, istituito “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Ricordiamo l'orrore delle foibe del 1943 e del 1945 e le sue vittime e, assieme, il dramma dell'esodo biblico di tanti italiani. Nessun oblio: due tragedie incancellabili, nel tempo di ferro e di fuoco della seconda guerra mondiale scatenata dai nazifascisti.

Ricordiamo l'aggressione dell'Italia fascista nei confronti della Jugoslavia nell'aprile 1941.

Ricordiamo, fra i tanti crimini di guerra commessi dall'invasore italiano, la strage di Podhum, vicino a Fiume, in cui l'intera popolazione maschile venne sterminata, e il campo di concentramento nell'isola di Arbe, dove 1.500 civili morirono di fame a causa della deportazione italiana.

Ricordiamo le colpe dei criminali di guerra italiani, mai puniti per stragi ed efferatezze di ogni genere contro i civili.

Ricordiamo la risiera di San Sabba, campo di sterminio dove i nazisti assassinarono dall'inizio del 1944 migliaia di ebrei, partigiani, detenuti politici ed ostaggi.

Ricordiamo le efferatezze dei nazisti nell'attuale Friuli-Venezia Giulia, con la piena collaborazione dei fascisti italiani, complici o responsabili - a cominciare dalla X MAS - di innumerevoli delitti.

Ricordiamo le vittime, tutte le vittime.

Da anni, e oggi in particolare, l'estrema destra strumentalizza l'orribile tragedia delle foibe e dell'esodo, negando la “più complessa vicenda del confine orientale”,  cancellando le responsabilità del fascismo, sostenendo addirittura la “italianità di Fiume e della Dalmazia”, a prova di grottesco nazionalismo, insultando e demonizzando chiunque sostenga la verità storica contro la propaganda politica faziosa.

RICORDIAMO, INTERAMENTE!


Ricordiamo anche che 

"Il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza, su proposta dell'ANEI, Associazione Nazionale Ex Internati, dopo aver preso visione del progetto dell'iniziativa “Treno del Ricordo”, promossa dal Governo, esprime il proprio stupore per l'inserimento della deportazione degli Internati Militari Italiani all'interno delle tematiche del «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale.

Nel paragrafo che descrive l'allestimento dei vagoni, alla voce ESODO, compare la deportazione degli IMI e non l'esodo dei giuliano-dalmati. Le drammatiche vicende degli IMI, determinate dalla loro decisione di non aderire a fascismo e nazismo, nulla hanno a che vedere con quelle altrettanto drammatiche, ma originate da altre motivazioni e sviluppate in un diverso contesto, degli esuli giuliano-dalmati.

Giustificare, poi, l'italianità di quelle terre, diventate italiane dopo la Prima guerra mondiale, rifacendosi all'occupazione romana non richiama alla memoria le vittime delle foibe, ma il disegno mussoliniano del possesso dei territori che si affacciavano sul “mare nostrum” romano, cancellando l'identità di sloveni e croati che lì vivevano insieme agli italiani sotto l'impero asburgico.

Rifarsi all'occupazione di intere regioni per insediarvisi e vantare la propria identità giustifica anche il disegno ideologico nazionalistico di Tito e non rende omaggio alle vittime italiane e slovene di quel disegno.

Il richiamo insistente all'italianità (allora, perché no, alla venezianità?), ancora una volta, evoca l'esproprio dell'identità slovena e croata voluto dal fascismo e dall'occupazione militare durante il Secondo conflitto mondiale.

Ricordiamo le vittime delle foibe e quanti furono costretti ad abbandonare le proprie case, ma caliamo quelle tragiche vicende nel corretto contesto storico senza utilizzarlo a favore del proprio nazionalismo.

La tragedia delle foibe e dell'esilio di tanti abitanti di quelle terre di confine, in conseguenza della nascita della Jugoslavia di Tito, non può essere mescolata, senza ingenerare confusione, con quella degli IMI, ai quali il calendario civile riserva la Giornata della Memoria il 27 gennaio. Si sa quanto difetti la Memoria storica nel nostro Paese e non crediamo che questa iniziativa favorisca la chiarezza necessaria per collocare nel giusto contesto, che è quello di una decisa presa di posizione antifascista, il calvario degli Internati Militari Italiani".
 
 
Ricordiamo anche quello che non ha fatto il ministro dell'Interno Piantedosi in risposta alla denuncia del 9 febbraio del Presidente nazionale ANPI, Gianfranco Pagliarulo

"Domani a Varese si svolgerà una manifestazione promossa dal gruppo “Dodici Raggi”, con Casa Pound Italia, Fiamma Tricolore, Lealtà Azione, Forza Nuova, Movimento Nazionale–La rete dei patrioti, Legione, Orizzonte ideale. Si tratta di una provocatoria strumentalizzazione del Giorno del Ricordo per dar vita a un revival nazifascista; non ci vuole Einstein per capire che avverranno i consueti rituali (saluto romano, chiamata al presente, tutti in formazione paramilitare, e così delirando). È esattamente la circostanza - segnalata dalla recente sentenza delle Sezioni Unite Penali della Corte Suprema di Cassazione - “idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”, il reato previsto dalla legge Scelba. Per questa ragione ho scritto l'altro ieri al ministro Piantedosi invitandolo a vietare la manifestazione.Ad oggi non ho avuto alcuna risposta. È sconcertante lo zelo repressivo manifestato dal Ministero in tante manifestazioni di piazza e il silenzio davanti a questo palese e provocatorio sfregio alle istituzioni democratiche. C'è ancora (pochissimo) tempo. Piantedosi vieti il raduno nazifascista. Viva l'Italia antifascista!"



Crediti immagini: Il campo di concentramento di Arbe (Wikipedia).
Il campo fu creato dal comando della Seconda Armata italiana nel luglio del 1942 ad Arbe, nel Carnaro, ed ospitò complessivamente tra i 10.000 e 15.000 internati tra sloveni, croati ed ebrei diventando il più esteso e popolato campo di concentramento italiano per slavi, raggiungendo i 21.000 internati nel dicembre 1942. Il campo si caratterizzò per la durezza del trattamento riservato agli internati di etnia slava, dei quali un gran numero perì di stenti e malattie.