Il 23 settembre 1943, veniva fucilato dai tedeschi, il Vicebrigadiere dei carabinieri Salvo D’Acquisto.
Si fece fucilare, a soli 23 anni, al posto di 22 cittadini scelti a caso dai soldati delle SS. Quelle 22 persone, dovevano essere uccise in modo esemplare, a seguito di un’esplosione nella quale persero la vita due tedeschi. Il fatto, fu originato, probabilmente, da cause accidentali dovute all’imperizia con la quale erano stati maneggiati gli esplosivi. Le SS, invece, lo ritennero, come il frutto di un preciso piano eversivo della popolazione civile.
13 dei 22 superstiti, pochi giorni dopo il sacrificio di Salvo D’Acquisto, qui ripresi dinanzi al Castello di Torre In Pietra.
IL PREZZO NON RETORICO DELLA DEMOOCRAZIA
Da questo tragico episodio, simile a migliaia di altri che insanguinarono l’Europa (pensiamo che, nel 1944, a distanza di soli 5 mesi ci furono episodi di indicibile crudeltà, come le Fosse Ardeatine e la Strage di Sant’Anna di Stazzema), possiamo imparare, prima di tutto, che ci sono persone che sulla guglia di una frazione tragica della storia, non esitano a prendere la decisione di sacrificare la propria vita per salvarne altre.
Poi possiamo, a freddo, trarne insegnamenti di tipo morale e filosofico. Il vice brigadiere dei carabinieri, ci impone di ricordare che la democrazia ha avuto un prezzo altissimo. Anche se spesso, coloro che ne hanno consentito la realizzazione futura, non sapevano di far parte di quel progetto. Si sono preoccupati soltanto di compiere il loro dovere in quel punto dello spazio e della storia dell’umana vicenda.
Chissà, se Salvo D’Acquisto, in quanto individuo chiamato dalla propria coscienza a rispondere ad una emergenza della storia, abbia pensato al “peso” morale che il momento avrebbe imposto per sempre ai suoi cittadini. Certo, anche lui era consapevole del momento decisivo della storia (ricordiamo che nel febbraio del ’43 ci fu la battaglia di Stalingrado che segna la prima vera sconfitta dei tedeschi), ma credo che lo abbia istintivamente trasformato nel momento definitivo dell’individuo, in quanto coscienza della storia.
Ciò che si può trarre da quel fatto atroce è che, forse, è persino più lecito ridere in guerra, per beffare in qualche modo la cattiva sorte, che in democrazia, perché quest’ultima, richiede una austera e severa vigilanza, quando se ne capisce il prezzo per mantenerla in vita per più di tre generazioni. Mi viene da pensare che è molto più facile che una democrazia finisca in guerra, che una guerra in democrazia.
In quell’era buia delle ideologie nichilistiche, in cui, come disse Camus, ad un appello (un 8grido senza speranza del perché) faceva eco un irragionevole silenzio (domande senza risposte) da cui nacquero in seguito lavori come "La banalità del Male" di Hannah Arendt o di memorie come il "Se questo è un uomo" di Primo Levi, persone come D’Acquisto potevano esserne la risposta.
Per camus, appunto, l’unica risposta all’assurdità dell’esistenza (che ci vincola al non senso della nostra coscienza e della morte) è la rivolta consapevole all’interno della storia. Che anno il 1943! Ecco l’anno appunto in cui forse, l’urlo del perché ottiene una prima flebile risposta. Nella stessa Germania nazista, in quello stesso anno, fu giustiziata Sophie Scholl, assieme al fratello ed altri compagni della Rosa Bianca, il movimento di coscienza politica in contrapposizione al regime.
I MONITI DELLA STORIA NON SI DEVONO DIMENTICARE
Dovremmo commemorare il 23 settembre, ma non lo facciamo, come per tante altre date. Purtroppo, il monito della storia non sembra aver prodotto i risultati sperati. La democrazia, che imporrebbe una marziale e costante vigilanza, da operare con fatica ogni giorno, viene trascurata, e si trascina trasandata, impenitente, arrogante, superba, indifferente, verso la fine del suo tempo. Essa non è più la vanga fragile ma audace della storia, ma una pioggia luccicante caduta dal cielo che spetta di diritto a chi nasce nel suo tempo.
Ai giovani, vorrei solo dire, di non dimenticare persone come Salvo D’acquisto. Di indignarsi di più, per difendere la democrazia, come fosse un piccolo orto fragile, assediato dai nuovi palazzi della stupidità e dell’ingratitudine.