Il modello della “teologia manualistica” e il metodo “positivo - scolastico”, che ne sta alla base, nel corso dei secoli subirono alcune modifiche. Da questo punto di vista sono almeno tre i mutamenti che dovrebbero essere individuati e sottolineati.

a) In primo luogo, il manuale, sotto il profilo storico - culturale[1], si adatterà sempre più ad essere un riferimento per i sacerdoti che insegnano la teologia[2] nei Seminari e nelle scuole di formazione al ministero pastorale.[3] Se è vero, infatti, che l’ispirazione dominante dei manuali si articola fondamentalmente secondo due linee di sviluppo, l’apologetica attenta a dimostrare il fatto cristiano e la dogmatica orientata ad esporre i contenuti della fede, in realtà entrambe queste linee saranno costruite sull’esigenza di insegnare un metodo e di fornire dei contenuti adeguati ai pastori d’anime per un’efficace difesa della fede. Di conseguenza, resta evidente, per quanto fin qui detto, circa questa evoluzione interna del manuale, che esso sempre più sarà uno strumento pensato per la formazione teologica, spirituale e pastorale del clero, ma non avrà alcun impatto nell’evoluzione del pensiero teologico, che avverrà solamente nell’ambito accademico delle università.[4] 

b) Un secondo e più decisivo mutamento nel corso dell’evoluzione del manuale da Melchior Cano all’epoca precedente il Vaticano II, è quello che riguarda più da vicino il rapporto tra il momento positivo e quello speculativo della teologia. Considerando, infatti, il manuale fin dalla sua comparsa, si può immediatamente notare il peso e la rilevanza assunta dal momento più propriamente positivo rispetto a quello speculativo.[5] 

c) Infine, il mutamento più rilevante, che la teologia manualista subisce nel corso della sua evoluzione, riguarda il rapporto tra la Scrittura, la Tradizione e il Magistero nella determinazione dell’oggetto della fede. Infatti, nella prima fase della manualistica, l’argomento di fede che s’intende discutere viene formalizzato nella tesi[6] e quindi è dalle due auctoritates della Scrittura e della Tradizione che si traggono gli elementi necessari per la sua esposizione. Il Magistero, nelle sue diverse declinazioni, interviene in un secondo momento, con lo scopo di evidenziare il grado di certezza delle tesi e la loro appartenenza alla fede cattolica.[7]

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, tale schema, però, subisce una significativa trasformazione: l’oggetto della fede, formalizzato nella tesi, non viene più tratto dalla Scrittura e dalla Tradizione, ma viene direttamente derivato dalle asserzioni del Magistero, dapprima utilizzando varie collezioni di insegnamenti dei pontefici e dei concili e poi, alla sua comparsa, servendosi unicamente degli enunciati ricavati dal testo del Denzinger e dando così origine alla cosiddetta Denzinger-Theologie.[8] 

Anche in questo caso, le conseguenze che si possono evidenziare sono almeno tre e la loro importanza sarà decisiva per la storia del manuale. Intanto è chiaro che il ruolo del Magistero diviene preponderante se non addirittura unico, mentre, correlativamente, la teologia sarà rivolta in maniera quasi esclusiva al servizio del Magistero.[9] Infatti, seguendo quest’ordine di sviluppo, “la teologia finirà per privilegiare quasi esclusivamente uno solo dei suoi tanti compiti, quello cioè di provare il dogma: impiegherà la forza speculativa, rimessa in onore dal manuale, per difendere i pronunciamenti del Magistero”.[10]

Tra il XIX e il XX secolo,[11] ciò che si nota è la riproposizione di uno stesso schema di fondo che domina tutti i trattati relativi ad una medesima tematica teologica. Evidentemente, una tale situazione è determinata da quanto fin qui esposto: se unico è l’orientamento di fondo di queste opere, e cioè la teologia del Magistero, difficilmente si potrà pensare ad una diversificata produzione teologica e ad una incentivazione della ricerca. Tuttavia, ciò non deve dar luogo ad affrettate conclusioni e a giudizi troppo severi nei confronti del manuale, in quanto sarà proprio questa situazione di stasi che incentiverà  il radicale cambiamento di questa prospettiva già durante la celebrazione del Concilio Vaticano II.[12]

Concludendo, si può dire che il travaglio che la teologia sistematica ha vissuto nel XX secolo si compendia nel trapasso dal “modello neoscolastico e dogmatico” ad una forma del sapere teologico, ispirata a un più positivo incontro tra “verità rivelata”, “razionalità metafisica”, istanze “storico - ermeneutiche”, forme “simboliche” della conoscenza, incidenze della “prassi”.[13] 

dott. Gregorio – ks. dr Grzegorz Łydek



 
[1] P. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale. Alcune considerazioni sul modello della cristologia del manuale e sui suoi limiti, in “Lateranum” 78(2012), p. 612.

[2] Infatti, quello che viene richiesto a tale strumento è fornire un compendio agile e sintetico della riflessione teologica, capace di trasmettere al clero tutte quelle nozioni necessarie per la predicazione, l’amministrazione dei sacramenti e la catechesi. In questo modo, però, si favoriscono almeno due conseguenze che sono a discapito del manuale stesso. Intanto, la sintesi del trattato di teologia è tale per cui essa viene intesa non nel senso dello sviluppo pastorale delle intrinseche doti della teologia, ma nel senso di una attrazione riduttiva: l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, p. 230; c. vagaggini, Teologia, pp. 1629-1630. In altre parole, il manuale non sosterrà l’elaborazione di una sintesi creativa e speculativamente originale dei temi trattati, ma, nel corso del tempo, tenderà sostanzialmente alla ripetizione uniforme e quasi monotona di questi stessi temi. Inoltre, a seguito della “forte contestazione della riforma protestante e delle correnti del pensiero razionalista, agnostico e positivista, sviluppatesi nella cultura moderna”; g. pozzo, La manualistica, in e. dal covolo - g. occhipiniti - r. fisichella, Storia della Teologia, vol. III, EDB, Bologna 1996, p. 314.

[3] Cf. l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 230-231; g. pozzo, La manualistica, p. 314.


[4] Cf. p. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale, p. 613.


[5] a. duval, Cano (Melchior), in Catholicisme. Hier aujourd’hui demain, p. 1; g. h. baudry - g. mathon (edd.), Latourey et Ané, Paris 1948, pp. 465-467.


[6] Il passaggio dalla quaestio alla thesis si caratterizza per essere uno degli elementi significativi del mutamento di prospettiva che avviene a seguito dell’adozione della teologia del manuale. Infatti, se la quaestio orientava il discorso alla ricerca e alla soluzione dei problemi posti dalla riflessione teologica, la thesis, invece, assolverà sempre più al compito apologetico che la manualistica s’impone: difendere le verità espresse dalle auctoritates della Scrittura e della Tradizione prima, e del Magistero poi cf. c. vagaggini, Teologia, p. 1629; p. coda, Teo-Logia, p. 139.


[7] Cf. g. pozzo, La manualistica, p. 312.


[8] Heinrich Denzinger (1819 - 1883) fu professore di teologia a Würzburg. Qui, nel 1854, pubblicò la prima edizione del suo Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, successivamente affiancato nel compito di aggiornamento da A. Schönmetzer. L’opera, innegabilmente utile, non contestualizza sotto il profilo critico i diversi asserti e pone sullo stesso piano enunciati diversi, senza una attenta valutazione ermeneutica. La definizione, invece, di Denzinger - Theologie è da ascriversi a K. Rahner che più volte la menziona nei suoi saggi.


[9] p. sguazzardo, L’unione ipostatica nel contesto della cristologia del manuale. Alcune considerazioni sul modello della cristologia del manuale e sui suoi limiti, in “Lateranum” 78(2012), pp. 613-615.


[10] l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 241-242.


[11] I più significativi e paradigmatici esempi di manuale sono analizzati nell’articolo di l. serenthà, La teologia delle prefazioni. Appunti per una storia del manuale, pp. 236-255.


[12] Cf. p. sguazzardo, Sant’Agostino e la teologia trinitaria del XX secolo, pp. 80-95.


[13] Cf. m. bordoni, Cristologia: lettura sistematica, in G. CANOBBIO e P. CODA, La teologia del XX secolo - un bilancio. 2. Prospettive sistematiche, Città Nuova, Roma 2003, pp. 5-6.