Ai tempi del ventennio, come ci ha ricordato Ignazio Silone, per fare una nuova legge che diminuiva garanzie e libertà se ne annunciava l'esigenza assicurando che invece sarebbe stata utile proprio per migliorare garanzie e libertà.

Oggi il Movimento 5 stelle vuol fare lo stesso, con un emendamento alla legge di Bilancio che rimette in discussione la riforma del comparto editoria entrata in vigore da quest'anno.

Il concetto dei 5 Stelle è semplice. Limitare il numero di fonti che possano fare informazione, azzerando i finanziamenti pubblici cui fanno affidamento per sopravvivere.

Le informazioni finora pubblicate per contrastare la limpida verità e la specchiata onestà di parlamentari e attivisti 5 Stelle adesso al governo, ha convinto il Movimento della necessità di contrastarne la diffusione, togliendo qualsiasi supporto finanziario agli editori. In fondo, sostengono i 5 Stelle, sono bugie... perché finanziare le bugie?

Secondo loro, la verità che agli italiani deve essere fatta conoscere può essere tranquillamente attinta dalle entusiastiche farneticazioni social di un Di Battista o dalle dichiarazioni, sempre accompagnate da un sorriso ebete, di un Di Maio qualunque.

Pertanto, è interessante leggere al riguardo la nota riportata di seguito diffusa da Fisc - non un'associazione di pericolosi arruffapopolo, bensì un'associazione che rappresenta gran parte dei settimanali diocesani in Italia - che ricorda quanto sia grave ciò che sta avvenendo.


Qualcosa sta cambiando nel Paese se il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo mese ha sentito la necessità di ribadire più volte che l’informazione è un bene pubblico di rilevanza costituzionale.E che la libertà di stampa e la tutela delle minoranze richiedono il sostegno dello Stato. In un tempo in cui pare che tutto debba essere ricondotto alla legge di mercato, il valore del pluralismo nell’informazione torna ad essere al centro del dibattito. Qui ci interessa in particolare quello che dà voce ai territori, alle comunità, alle periferie, alle realtà decentrate.Sono i giornali di carta e sul web che raccontano una comunità, un’area ben definita del nostro Paese. Molte delle notizie che diffondono non arrivano mai alla ribalta nazionale. Sono i giornali diocesani che, come ha sottolineato papa Francesco, sono “voce, libera e responsabile, fondamentale per la crescita di qualunque società che voglia dirsi democratica, perché sia assicurato il continuo scambio delle idee e un proficuo dibattito basato su dati reali e correttamente riportati”.Hanno una tiratura legata al territorio e svolgono una funzione indispensabile e preziosa nella crescita democratica della Nazione e consentono di essere consapevoli del tempo che si sta vivendo. Ancor più nell’attuale contesto comunicativo che avvolge tutti con sempre nuovi strumenti, veloci e persuasivi.Da quest’anno, dopo un lungo e articolato lavoro a livello parlamentare e dei protagonisti dell’informazione tra cui anche la Fisc, è in vigore la riforma del comparto editoria, che con regole chiare, trasparenti ed eque, sostiene l’informazione locale (carta e web) legata al no-profit e alle cooperative dei giornalisti.La notizia di questi giorni è che in Parlamento sarà discusso un emendamento alla legge di Bilancio, su proposta di una porzione della maggioranza al Governo, che rimette in discussione tutto questo, liquidando un tema vitale per il Paese.Tutto si può ridiscutere e migliorare, ma, per un comparto così significativo, delicato e complesso come la libertà di stampa e il pluralismo informativo, occorre un ascolto più ampio con coloro che sono coinvolti. Evitando dogmatismi pregiudiziali, e guardando alla realtà delle cose e al contesto democratico.Un cambio repentino della legge metterebbe a rischio anche i posti di lavoro di migliaia di giornalisti che sono radicati sul territorio. E non è immaginabile un Paese impoverito di queste voci, sarebbe privato di apporti fondamentali al dibattito sociale e civile. Verrebbe meno un’informazione credibile sempre sul campo al di là delle tante, troppe, fake news che proliferano.Confidiamo, quindi che non si proceda al cambiamento attraverso la legge di Bilancio, ma che si apra un confronto costruttivo e aperto per continuare a sostenere il pluralismo.