Il 21 marzo di ogni anno ricorre la giornata in ricordo delle vittime di mafia. Io l’ho celebrata recandomi nelle scuole a parlare di mafie, di mafiosità, di chi le ha lottate a viso aperto e a schiena dritta, senza macchia e senza paura. Il dovere morale di ricordare chi è stato ucciso dalla mafia e di onorare il coraggio di chi l'ha combattuta e la combatte ogni giorno non può non essere subordinato all'impegno concreto di tutti i giorni.

Ognuno di noi deve lottare la mafia in prima persona e poi nella società assieme agli altri. La mia assenza dalle manifestazioni di commemorazione non vuol rappresentare un atto di protesta, ma soltanto la consapevolezza del fatto che le molte manifestazioni, ormai, hanno soltanto lo scopo, per molti soggetti politici e per una certa antimafia di facciata, di sterili passerelle, utili soltanto ad un’autopromozione della quale, né io, né molti familiari di vittime innocenti di mafia, sentono il bisogno di vivere.

Per vincere questa “guerra” abbiamo bisogno di magistratura e forze di polizia, ma anche della scuola, della Chiesa, della famiglia. L’arma per battere la mafia è la cultura e il senso del dovere.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.