Le famiglie delle vittime dell'11 settembre potranno ora fare causa all'Arabia Saudita, per il ruolo che molti sospettano abbia rivestito nell'attacco terroristico del 2001. Lo ha deciso ieri il Congresso americano respingendo a larghissima maggioranza (97 a 1 al Senato e 348 a 77 alla Camera dei Rappresentanti) il veto posto da Obama alla legge conosciuta come "Justice Against Sponsors of Terrorism Act" (JASTA).

Il provvedimento modifica una legge del 1976 che garantisce a paesi stranieri la piena immunità nei confronti di azioni legali nell'ambito del sistema giudiziario americano. D'ora in avanti, ogni paese potrà essere chiamato in giudizio, qualora si scopra che abbia avuto un ruolo in attacchi terroristici negli Stati Uniti, che abbiano provocato la morte di cittadini americani.

Nonostante che l'Arabia Saudita abbia negato ogni coinvolgimento negli attacchi dell'11 settembre e la commissione d'inchiesta non sia stata in grado di dimostrare un finanziamento diretto di al-Qaida da parte del governo di Riad, resta il fatto che 15 dei 19 dirottatori provenivano dal paese arabo e che, al loro arrivo negli Stati Uniti, furono ospitati e assistiti da personaggi legati a vario titolo al regime saudita.

Le conseguenze
L'entrata in vigore della legge potrebbe avere implicazioni non ancora del tutto prevedibili, sia sul piano economico che su quello legale. La possibilità che la magistratura americana, per risarcire le famiglie delle vittime degli attentati, possa rivalersi sui beni che l'Arabia Saudita possiede negli Stati Uniti, potrebbe indurre il governo del paese arabo a disfarsi di proprietà che ammontano a centinaia di miliardi di dollari, come ha già minacciato di fare nei mesi scorsi, nel tentativo di dissuadere il Congresso dall'approvare la JASTA. Molti analisti, però, ritengono che una dismissione massiccia dei beni sauditi potrebbe risultare penalizzante più per il governo di Riad che per l'economia americana.

Dal punto di vista legale, altri paesi potrebbero adottare una legge analoga per ritorsione e questo per gli Stati Uniti dover affrontare cause legali dinanzi a tribunali stranieri a seguito di interventi militari o ad attività dei servizi segreti.

Come il governo Usa potrebbe mitigarne gli effetti
Nel tentativo di attenuare o ritardare gli effetti della legge, l'amministrazione Obama è riuscita a far introdurre un provvedimento che consente al ministero della Giustizia di obbligare un tribunale a sospendere un procedimento, qualora siano in corso dei colloqui o dei negoziati a livello governativo con il paese sotto accusa.

Gli avvocati delle famiglie che hanno già cause in corso o che hanno intenzione di iniziarne di nuove hanno già fatto sapere che vigileranno affinché il governo Usa non tenti di applicare questa clausola in modo pretestuoso, in assenza di un vero negoziato. A questo proposito, è improbabile che da parte dell'Arabia Saudita ci sia la disponibilità ad una trattativa, dal momento che questa potrebbe apparire come un'implicita ammissione di colpa.

Che il veto di Obama venisse respinto era ritenuto molto probabile alla vigilia del voto, sia per le imminenti consultazioni elettorali (sarebbe stato difficile giustificare un voto contro i parenti delle vittime dell'11 settembre) che per il deteriorarsi dei rapporti con l'Arabia Saudita, a seguito del mancato rispetto dei diritti umani da parte del regime di Riad.

Come curiosità, vale la pena di sottolineare che il candidato democratico alla vicepresidenza nel ticket con la Clinton, Tim Kaine, e lo stesso Bernie Sanders non hanno votato.