“Mistero Grande”, come lo chiama Paolo (cf. Ef 5,32), è innanzitutto il progetto salvifico di Dio rivelato in Cristo, è il “come Cristo ha amato e ama la Chiesa e l’umanità”. Mistero Grande è dunque questo permanente movimento d’amore di Dio verso l’umanità, che stabilisce una relazione che trova la sua immagine più efficace nella relazione sposo-sposa. Gli sposi non solo sono immagine e somiglianza trinitaria ma sono anche il linguaggio che Dio ha scelto per manifestarsi.

Cristo viene a rendere ancora possibile la realizzazione del progetto di Dio sull’uomo-donna, rovinato dal peccato, dall’allontanamento dell’uomo da Dio e dunque dalla sorgente dell’Amore. Cristo viene a guarire il cuore indurito dal peccato, è Lui che dona agli sposi il cuore nuovo, cioè la possibilità di amare al di sopra delle loro capacità umane, essi ricevono il dono di amare come Cristo ama (cf. Familiaris Consortio, n. 13). Nella misura in cui nella coppia cresce l’amore di Gesù, si superano i limiti nel dare amore e l’amore della coppia diviene sempre più immagine del “tutto donato” di Gesù sulla croce. È un amore che arriva alla misericordia quando le diversità sono segnate dai limiti, dagli errori, dagli sbagli. È in queste circostanze, abbastanza frequenti nella vita di coppia e di famiglia, che l’amore trova i suoi vertici diventando misericordia che perdona, accoglie, ricomincia. Potremmo dire che è in queste circostanze che si coglie ancora di più la verità o il fondamento dell’amore.

Vivere la misericordia non per compassione o perché si è più bravi di chi sbaglia o ha dei limiti, ma amare il coniuge o i figli per la loro identità più profonda: sono figli di Dio, sempre.

Il fatto che gli sposi partecipino del “mistero grande” d’amore di Dio, li rende idonei ad amare oltre ogni limite e peccato. La misericordia è il volto più forte del mistero grande, basti pensare all’amore di Gesù per Giuda, per Pietro: Gesù li ama mentre tradiscono, perché tradiscono.

È un amore-misericordia che non è donato agli sposi per mantenere gli equilibri, per evitare conflitti o separazioni: è un amore che trasforma il cuore e lo rende in grado di crescere incessantemente verso un’unità sempre più grande. La vetta dell’amore-misericordia è l’unità, un’unità che non cancella le differenze ma le valorizza e le compone in armonia. Questo significa arrivare a vedere nella differenza del coniuge non tanto una distanza ma una ricchezza, a partire dalla differenza tra il mondo maschile e quello femminile per giungere a tutte le differenze di carattere, i opinione, di cultura ed altro.

In forza della grazia del sacramento del matrimonio, gli sposi, partecipando al mistero grande dell’amore di Gesù, sono chiamati ad essere “distributori” di amore e di misericordia. Essi, nei loro gesti di perdono e accoglienza, divengono la via comunicativa mediante la quale Gesù comunica il suo amore misericordioso. Gli sposi sono presenza di Gesù, che vuole stabilire contatti con ogni singola persona e farle sapere che è amata da Lui, dal Padre, al di là e al di sopra dei suoi limiti e dei suoi errori.

Ora possiamo ben capire e chiarire che non è la stessa cosa il matrimonio civile ed il matrimonio sacramento. La differenza è sostanziale: il matrimonio civile è un contratto come altri, rescindibile come altri; il matrimonio sacramento è l’inabitazione della Trinità dei due, perché siano due e uno in Dio, è qualcosa di straordinariamente profondo. Il matrimonio sacramento, dunque, non è semplicemente l’atto nuziale del consenso. La Chiesa l’ha intuito fin dalle sue origini, tant’è vero che il matrimonio “rato e non consumato” può essere sciolto, ma è tutta la storia d’amore dei due, a partire da quell’istante che diventa sacramento di Dio. In quell’istante i due sono sacramento della misericordia di Dio, non meno di quanto lo furono del loro matrimonio. Perché di più? Perché oggi sono più ricchi anche dell’esperienza della vita, della procreazione ecc.. Questa è l’idea del sacramento come un cammino, un essere in fieri continuamente, in cui viene rivelandosi sempre di più la luce di Dio. E in un disegno di compimento di santità, una coppia di coniugi anziana non è meno riflesso di tenerezza e d’amore di una coppia di giovani sposi. Per questo occorre richiamare la testimonianza più significativa della tenerezza umana tra i coniugi, del rapporto sponsale nei coniugi, la coppia dei beati Beltrame Quattrocchi.[1]

L’idea del sacramento matrimoniale, come un cammino di santità, “abbraccia” diversi approcci possibili nell’ordine della grazia. Infatti, il vincolo di tenerezza, che unisce la misericordia all’amore coniugale dà luogo a due sacramenti. La loro sacramentalità indica che il loro spessore, la loro sostanza umana, rinvia all’amore divino che possiede una dimensione nuziale nell’offerta eucaristica, come già si è dimostrato, e alla misericordia di Dio, che li salva e li reinserisce nella sua amicizia per mezzo del Suo perdono. Ciò significa che la riscoperta continua del dono prezioso dell’Eucaristia, del “per-dono” e di conseguenza del profondo amore misericordioso di Dio, è fondamentale per i coniugi che desiderano “incontrare il Cristo”. L’incontro con Cristo dovrebbe instaurare una relazione e un rapporto stabile della coppia. San Tommaso nel testo della Summa dice: «Per creazione attiva s’intende l’azione di Dio che è (…) la sua essenza, con in più una relazione verso la creatura (relatio ad creaturam)»[2]. Interpretando questa frase, possiamo associare l’idea del rapporto tra Dio misericordioso e la creatura al contrassegno di una profonda asimmetria. Per questo motivo Gesù, lo Sposo della Chiesa,[3] ha già rivelato agli uomini il Padre misericordioso, donando lo Spirito dell’Amore. Egli ha restaurato una “relazione stabile”, ha fatto conoscere il mistero della vita divina come la sorgente ed il modello di tutta la realtà, soprattutto quella della misericordia.[4]

Possiamo dire che il matrimonio, come la misericordia, esprimono il dono della salvezza. L’amore di Dio è salvifico, ciò esprime la Sua infinita misericordia. Allo stesso tempo il dono sacramentale rende possibile l’esercizio dell’amore fra gli sposi e concede loro il potere di superare gli ostacoli alla comunione. In un messaggio di san Giovanni Paolo II, nel quale proponeva il perdono come opera di giustizia e di pace atta a ricreare le condizioni di una riconciliazione a tutti i livelli della società, cominciando dalla società familiare, si legge:

«La persona, tuttavia, ha un’essenziale dimensione sociale, in virtù della quale intreccia una rete di rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel bene, purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza di ciò è che il perdono si rende necessario anche a livello sociale. Le famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internazionale, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale».[5]

Le parole del papa polacco appena menzionate sono di una attualità straordinaria. Appunto, la famiglia è il luogo privilegiato dove quotidianamente si esercita la misericordia, disponendo ciascuno, sposi, figli, nonni, ad allearsi per vivere pienamente le diversificate relazioni interpersonali che formano il tessuto familiare. Nello sguardo misericordioso di Gesù il matrimonio non è “dottrina” o “dogma”, bensì “misericordia”. Gesù risponde agli scribi che gli chiedono perché Mosè aveva concesso il permesso del ripudio: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma» (Mc 10,5). Per questo possiamo dire che la durezza del cuore è esattamente il contrario della misericordia: l’amore si spezza quando muore la misericordia. Tuttavia, nella cornice storica del tempo di Gesù il divorzio era “normale” sia in ambiente ebraico che pagano.

Gesù, che è «l’incarnazione definitiva della misericordia» (Dives in Misericordia, n. 8), “il volto della misericordia”, muta lo sguardo su tutto ciò che fin lì era stata la “norma”: egli vive e propone l’amore verso lo straniero, l’amore verso il peccatore, l’amore verso i pubblicani e le prostitute, l’amore verso il povero, l’amore verso il nemico, l’amore verso l’adultera. Difatti, Gesù con il “racconto delle parole” avvicina tutti alla scoperta che Dio è Padre buono e misericordioso. «Ciò vale in primo luogo per la parabola del buon samaritano (cf. Lc 10,25-37) e del figliol prodigo (cf. Lc 15,11-32)».[6] Le due parabole «si sono impresse nella memoria dell’umanità e sono diventate addirittura proverbiali».[7] Nella prima parabola, ad esempio, Gesù presenta Dio che dal profondo del suo cuore si prende cura della miseria umana e diventa addirittura “il Buon Samaritano”. I samaritani, però, erano disprezzati dagli ebrei come dei semipagani. Gesù utilizza questa parabola come esempio di misericordia concreta e immediata. Proprio un samaritano dice all’albergatore: «Prenditi cura e al mio ritorno ti rimborserò» (Lc 10,25-37).[8] Per il samaritano il prossimo sofferente è anche kairós di misericordia, luogo di chiamata, appello alla conversione.[9] Infatti «Gesù racconta la parabola come risposta all’interrogativo: chi è dunque il mio prossimo? La sua risposta è chiara. Non è una qualche persona lontana, ma piuttosto colui per il quale tu diventi prossimo, colui che incontri concretamente e che in quella situazione ha bisogno del tuo aiuto».[10] Tutti questi “amori” sono espressioni della medesima carità, come canta l’inno alla carità:

«La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (1 Cor 13,4-8).

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek


[1] Cf. B. Forte, Eucaristia e Matrimonio. Unico mistero nuziale, op. cit., pp. 34-35.

[2] Tommaso d’Aquino, Summa Theologie, I, 45,3, ad 1, De Veritate.
[3] Cristo è lo Sposo della Chiesa (cf. Mt 9,15) e ogni membro per mezzo del sacramento del battesimo aderisce al Corpo Mistico della Sposa (Chiesa).  
[4] Cf. G. Lydek, La misericordia di Dio nella teologia e nella spiritualità del beato Michele Sopoko, op. cit., p. 117.
[5] Giovanni Paolo II, Messaggio per la celebrazione della XXXV Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2002.
[6] W. Kasper, Misericordia - Concetto fondamentale del vangelo - Chiave della vita cristiana, Queriniana, Brescia 2013, p. 106.
[7] Ibidem.
[8] Ibid., pp. 106-107.
[9] Cf. J. Guillet, Misericordia e sofferenza, in “Communio” 10 (1981), pp. 24-33.
[10]W. Kasper, Misericordia, op. cit., p. 107.