L'ennesimo annuncio sorprendente quanto allo stesso tempo assurdo del presidente Trump ha scioccato chiunque si occupi di politica mediorientale. Con la sua proposta, Trump immagina, rispetto al passato, un futuro radicalmente diverso per la Striscia di Gaza, adesso devastata da 15 mesi di bombardamenti da parte dello Stato ebraico, dicendo che la trasformerà in una sorta di "Riviera del Medio Oriente". L'idea prevede che gli Stati Uniti assumano il controllo del territorio e che i palestinesi vengano reinsediati altrove, in un piano che, secondo il suo retaggio di imprenditore e promotore immobiliare, mirerebbe a creare una specie di riedizione di quello che era il Libano prima dello scoppio della guerra civile.

Questa proposta, che ha segnato uno dei primi e più audaci annunci di Trump sul panorama geopolitico della regione, ha suscitato reazioni di sdegno e preoccupazione in tutto il mondo. Dalla Russia alla Cina, dalla Germania all'Arabia Saudita... tutti hanno espresso timori riguardo a un'azione che potrebbe alimentare ulteriormente sofferenze e divisioni. In particolare, l'Arabia Saudita, un pilastro fondamentale per la stabilità del Medio Oriente, ha respinto categoricamente l'idea, ribadendo la necessità di rispettare i confini e i diritti dei palestinesi.

Nel contesto attuale, dove Gaza porta ancora le cicatrici di intensi bombardamenti e migliaia di vite sono state stroncate, la proposta di Trump appare ancor più controversa. Mentre lui stesso sostiene che l'iniziativa potrebbe favorire una normalizzazione dei rapporti tra sauditi e israeliani – un obiettivo categoricamente escluso da Riad se non accompagnata dalla messa in moto di un piano per la Soluzione a due Stati – la realtà sul campo è ben diversa. I gazawi, costretti a vivere tra le rovine delle loro abitazioni, hanno espresso un forte rifiuto verso qualsiasi progetto che preveda il loro reinsediamento forzato, temendo di vivere una nuova esperienza di espropriazione simile a quella della Nakba.

L'iniziativa sembra, dunque, essere parte di una strategia più ampia: Trump avrebbe l'obiettivo di spingere i leader arabi a considerare un nuovo assetto nelle relazioni con Israele, magari emulando i recenti accordi di normalizzazione che hanno visto protagonisti gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein. Tuttavia, i leader di Giordania ed Egitto hanno chiarito che la creazione di uno Stato palestinese resta indispensabile negando la loro disponibilità ad essere coinvolti nella deportazione dei paletinesi, mentre, di contro, alcuni esponenti israeliani di estrema destra hanno persino avanzato l'idea di incoraggiare l'emigrazione dei residenti di Gaza ipotizzando la possibilità di incentivarlo con una offerta di denaro.

In questo scenario complesso, le dichiarazioni di Trump contrastano fortemente con l'opinione pubblica interna degli Stati Uniti, ancora scossa dai lunghi interventi militari in Medio Oriente e riluttante a supportare ulteriori azioni militari. Anche se il consigliere per la sicurezza nazionale ha cercato di minimizzare la portata rivoluzionaria della proposta, insistendo sul fatto che non si intende abbandonare la storica soluzione dei due stati, il dibattito resta aperto e carico di tensioni.

C'è chi si arrampica sugli specchi per descrivere quanto annunciato da Trump come base per una proposta negoziale su cui aprire una trattativa (che su tali condizioni sarebbe già comunque al ribasso per i palestinesi), quando esiste invece la possibilità - ben più concreta - che Trump sia solo un povero imbecille che crede di essere una specie di imperatore romano i cui capricci, fondati su una crassa ignoranza pari solo ad una inifinita stupidità, debbano essere esauditi, sempre e comunque.