"Tutto come volevasi dimostrare. Non c'è nulla di sorprendente dal momento che non è stata accolta la nostra richiesta di archiviazione. D'ora in poi avremo a che fare con un giudice davanti al quale ci difenderemo seduti allo stesso livello dell'accusa. Fontana è certo della sua estraneità alle vicende contestate".

Queste le parole dell'avvocato Jacopo Pensa che, assieme a Federico Papa, difende il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, a commento del rinvio a giudizio chiesto nei confronti del suo assistito dalla Procura di Milano per il caso camici.

Questa, invece, la dichiarazione del segretario del suo partito, Matteo Salvini :

"La richiesta della procura di Milano è semplicemente vergognosa: chi ha aiutato la propria comunità dev'essere ringraziato e non processato".

Oltre che per Fontana,  la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio anche per altre 4 persone con l'accusa di frode in pubbliche forniture, a seguito dell'affidamento da parte di Regione Lombardia di un appalto, poi trasformato in donazione, da circa mezzo milione di euro per 75 mila camici e altri dispositivi di protezione individuale a Dama, società di Andrea Dini, cognato di Fontana. 

Andrea Dini, Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl (rispettivamente ex dg e dirigente di Aria spa) e Pier Attilio Superti (vicesegretario generale della Regione) i nomi delle altre persone di cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio.

La richiesta dei pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, coadiuvati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, è stata firmata nel pomeriggio di oggi a distanza di 4 mesi dalla chiusura delle indagini.

Dei 75 mila camici da consegnare nella primavera 2020 alla Regione, durante la prima ondata pandemica, ne vennero consegnati da Dama solo 50mila, dopo che, venuto a galla il conflitto di interessi, la fornitura fu trasformata in donazione.

Secondo la Procura, l'ordine non venne perfezionato per la mancata consegna di un terzo del materiale. Il presidente della Lombardia per risarcire il cognato del mancato introito, gli fece un bonifico di 250 mila euro prelevati da un suo conto in Svizzera, bonifico poi bloccato in quanto segnalato dalla Banca d'Italia come operazione sospetta.

In relazione a questo "risarcimento" ne è nata un'ulteriore inchiesta per autoriciclaggio nei confronti dello stesso Fontana.