Mercoledì, Hassan Rouhani, Tayyip Erdogan Vladimir Putin si sono incontrati in un vertice che si è svolto ad Ankara per discutere della Siria. Mentre Turchia, Russia e Iran parlavano del destino di Assad e della "spartizione", perlomeno in zone di influenza, della Siria, Donald Trump annunciava il disimpegno degli Stati Uniti dichiarando il ritiro a breve delle proprie truppe, circa 2mila soldati che hanno soprattutto supportato i curdi per liberare il nord dall'influenza degli estremisti islamici.

Nel vertice di mercoledì, i tre leader si sono impegnati ad accelerare gli sforzi per portare la stabilità in Siria. Quali siano di concreto i risultati del vertice ancora non è ben chiaro, soprattutto per le tensioni tra Rouhani ed Erdogan in merito a quanto sta accadendo ad Afrin, con l'Iran che vuole che l'area ritorni sotto il controllo della Siria, mentre la Turchia vuole "liberare" l'area dal controllo dei curdi.

Il punto di vista di quei due paesi sembra però convergere sul destino di Assad la cui permanenza al potere non sembra essere prevista in una futura Siria pacificata. E anche la Russia sembrerebbe convergere su un simile scenario.

Resta comunque da capire quale potrà essere il futuro della Siria. Da ciò che sembra prospettarsi, in base ad alcune scelte riguardo la destinazione di alcuni dei ribelli che fino a ieri hanno combattuto nel Ghouta orientale, sarà quello di un paese diviso in aree, dove la popolazione sarà classificata e divisa in base all'etnia e all'appartenenza religiosa.

Nei giorni scorsi, migliaia di miliziani da Ghouta est si sono trasferiti nel nord, a Idlib, enclave dei qaedisti di al-Nusra, mentre un gruppo appartenente alla fazione Jaysh al-Islam si è diretto ad al-Bab e Jarabulus, all’interno dell'area tra Afrin, Manbij e Kobane, che la Turchia punta a liberare dal controllo dei curdi supportati da YPG e YPJ.

Quella zona verrà pertanto assegnata agli islamisti? Per l'Iran potrebbe essere, almeno di facciata, un boccone amaro da digerire, ma potrebbe anche trattarsi di tattica, per ottenere il controllo del Sud della Siria, zona su cui Teheran ha già da tempo imposto la propria influenza, come dimostrato dagli interventi militari israeliani oltre confine, nell'area intorno Damasco e nel Golan siriano.

La Russia, con magnanimità, eserciterà la propria influenza sulla Siria concedendo la spartizione del Paese, purché continui ad avere un accesso diretto e indisturbato al Mediterraneo.

Infine, quali siano gli interessi e i vantaggi del popolo siriano in questo scenario, a parte una "momentanea" tregua da una guerra che ormai dura da sette anni, non è per nulla chiaro. Ma per tutti, questo sembra essere l'ultimo dei problemi.