Mohammed bin Salman continua la repressione contro dignitari e funzionari sauditi
Non si è fermato il numero di arresti che dallo scorso fine settimana ha visto la monarchia saudita procedere contro principi e alti funzionari del regno, per un'inchiesta che sarebbe nata per sconfiggere la corruzione.
Un tema quello della corruzione - a cui si aggiungono anche i reati di riciclaggio, estorsione, malversazione, ecc. - tranquillamente spendibile anche presso l'opinione pubblica locale per giustificare qualsiasi altra reale motivazione, senza dover preoccuparsi di fornire precisazioni.
Il problema però, almeno per l'opinione pubblica internazionale, è che finora nessuno ha capito bene di cosa tratti l'inchiesta - anche perché le istituzioni saudite preposte si sono ben guardate dal comunicarlo - e su quali basi giuridiche, fatti e prove, gli arresti annunciati siano stati eseguiti.
Tutta l'operazione è un'iniziativa del principe ereditario Mohammed bin Salman che, finora, avrebbe fatto congelare 1700 conti bancari, in aumento rispetto ai 1200 stimati ventiquattr'ore fa.
Agli ultimi arresti che riguarderebbero funzionari di rango inferiore si aggiungono morti misteriose di dignitari, che si sarebbero dati alla fuga su elicotteri poi abbattuti dai caccia sauditi, e di altri che invece sarebbero stati assassinati per essersi opposti all'arresto.
Quale sia la strategia che ha portato Mohammed bin Salman a prendere queste decisioni non è ancora ben chiara. Sta di fatto che in questo momento ciò che viene deciso in Arabia è frutto di sue precise scelte.
Scelte che, invece, in politica estera sono molto più "comprensibili". Per il sunnita Salman, il nemico è costituito dagli sciiti e da chi li sovvenziona: Teheran. Pertanto, tutto il mondo sciita nella regione è in fermento, preoccupato delle decisioni che potrebbe prendere l'erede saudita, che avrebbe stretto una singolare alleanza con Israele, con il placet degli Usa.
Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza potrebbero essere i prossimi obbiettivi di Salman, che ha convocato il presidente palestinese Abu Mazen per rappresentargli il disappunto della nuova situazione che si è creata a Gaza, sponsorizzata da Qatar e Turchia, stati che con i sauditi in questo momento non sono certo in buoni rapporti.