Lucia De Sanctis intervista Vincenzo Musacchio,  giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), analizzando  alcuni aspetti emersi all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021.


Professore, la magistratura ha perso credibilità?
Questo è un punto su cui occorre riflettere molto attentamente prima di dare risposte scontate ma spesso inesatte. Comincerei col dire che il riferimento alla perdita di credibilità non possa essere rivolto a tutta la magistratura in maniera indistinta. Chi lo fa, a mio parere, strumentalizza la questione. Certamente non possiamo negare una profonda crisi del sistema della giustizia penale. Questo però è un problema strutturale e di riforme che tardano ad arrivare e poco focalizza la credibilità dei magistrati. Occorrerebbe essere consci che la Giustizia è una “funzione” e non un “potere”. La sua funzione dovrebbe esplicarsi partendo dalla piena ottemperanza dell’art. 3 Cost. parità di trattamento, in tempi ragionevoli e nel pieno rispetto dei principi del giusto processo.

Secondo lei Palamara alla fine sarà il capro espiatorio per chiudere tutta la situazione critica creatasi?Mi auguro di no. Anzi spero che sia lo stimolo necessario per una riforma incisiva che rilanci il settore giustizia e metta ordine in quello dell’ordinamento giudiziario. Palamara può essere il vaccino al virus di quella parte di magistratura che non meriterebbe di portare la toga.

Cosa ne pensa della attuale valutazione professionale dei magistrati ?Sul tema mi sono espresso più volte. Penso sia necessario rivedere i criteri attuali secondo un approccio maggiormente meritocratico. I magistrati vanno valutati alla stregua di qualsiasi altra professione che attiene alla vita e alla libertà delle persone.

Il caso Gratteri e la trasmissione “Presa Diretta” sul processo Rinascita Scott , stiamo andando verso una giustizia spettacolo?Io credo che i fatti vadano analizzati sempre senza pregiudizio. In merito alla trasmissione penso che la stessa abbia avuto il pregio di portare nelle case degli italiani la ‘ndrangheta e le sue evoluzioni. Ovviamente parlo di un profilo sociologico e culturale non certamente giudiziario essendo il processo ancora in corso. Per quanto riguarda Gratteri credo che come pubblico ministero faccia bene il suo lavoro peraltro sottoposto al controllo di un giudice durante la fase delle indagini preliminari, questo non dimentichiamolo. Naturalmente quanto appena detto non nega la “spettacolarizzazione” delle indagini e del processo penale. Ricordo tuttavia che la sentenza è nelle mani dei giudici e non dei pubblici ministeri, sta a questi ultimi svolgere bene la loro funzione e garantire l’imparzialità nella decisione finale.

Sembra che nel processo si cerchi la punizione a tutti i costi, non le sembra?Se devo essere sincero mi sembra che in questo momento in Italia ci sia una fuga dalla pena vista come il male dei mali. Su questo aspetto rifletterei soffermandomi su due questioni cruciali. La prima, la assoluta necessità di una grande opera di depenalizzazione. La seconda, la pena intesa come extrema ratio ma nel suo essenziale requisito di certezza. Occorrerà incidere sull’oceano di reati e pene ripulendo il sistema penale dai tantissimi rami secchi. A ciò personalmente aggiungerei anche la discrezionalità dell’azione penale.

Il Primo Presidente della Corte di Cassazione è tornato ancora sui tempi “ragionevoli” del giudizio, in merito cosa si potrebbe fare? A mio parere, cominciare a depenalizzare e rendere l’azione penale discrezionale. Sarebbe già un buon inizio. Sarebbe un traguardo indubbiamente apprezzabile, anche se mi sembra un obiettivo ancora lontano dall’essere raggiunto.

Nella sua relazione, il Procuratore Generale presso la Cassazione Giovanni Salvi ha parlato anche della “questione penitenziaria”, sarà il caso di affrontare anche il tema della riforma carceraria?Siamo lo Stato membro dell’Unione europea (a parità di popolazione) con più persone in carcere senza processo: 19.565 (Fonte Istat 2018 ultimo dato utile). A parte la vergogna di avere così tanti detenuti in attesa di giudizio, sarebbe anche il caso di domandarsi quanto costa avere in carcere quasi ventimila persone, parte delle quali usciranno o per decorrenza dei termini o perché innocenti. Quello dei costi della carcerazione preventiva è un tema che, forse per la sua inciviltà di fronte al tema dei diritti della persona, è poco affrontato. Sarebbe stato urgente anche qui adottare misure, e misure non contingenti ma strutturali. La restrizione della libertà personale è un tema serio e dovrebbe essere centellinata specie per garantire un carcere “umano”. Oggi l’Italia è ancora tristemente lontana da questi standard minimi.

Cosa si potrebbe fare per risolvere questi problemi?Una possibile risoluzione dei problemi da lei posti la propose il mio maestro Giuliano Vassalli circa trent’anni fa e fu poi ripresa più volte negli anni successivi ma mai attuata: la cd. “lista d’attesa”. In sostanza, si dovrebbe stabilire con legge che qualora tu Stato non possa garantire uno spazio sufficiente in carcere per l’imputato in attesa di giudizio aspetti per rinchiuderlo fino a quando questo spazio non l’avrai. La norma si dovrebbe applicare ovviamente per i reati meno gravi in conformità a una serie di requisiti tassativi, ricordandoci che siamo sempre di fronte a non colpevoli sino alla condanna definitiva, come recita testualmente l’articolo 27 della Costituzione. Occorrerebbe naturalmente investire anche sulle strutture delle carceri e su una nuova e più adeguata edilizia penitenziaria adeguata ai tempi moderni.

Che cosa pensa dell’opportunità di concedere amnistia e indulto?Sono contrario. Sono favorevole, come ho già rimarcato, alla depenalizzazione di molti reati inutili, facendo in modo che si vada in galera di meno e solo quando c’è una reale pericolosità sociale. Sono stato sempre contrario alla custodia cautelare in carcere e favorevole alle pene alternative e domiciliari in tutti i casi ove sia possibile. Occorrono nuove carceri, più dignitose e rieducative. I cittadini tuttavia devono sapere che lo Stato punisce chi va punito. Mi piacerebbe vivere in uno Stato meno tollerante per mafie, corruzione ed evasione fiscale. Sono tuttavia conscio che la mia sia un'aspirazione ideale difficilmente suscettibile di realizzazione pratica.