Tra le nazioni del Gruppo di Visegrád, e in generale nell’Europa Centrale, la Repubblica Ceca è sempre stata considerata un esempio di Paese democratico. Dalle riforme di Václav Havel all’integrazione nelle strutture euro-atlantiche, la Repubblica  Ceca è diventata un luogo stabile e prospero. Nonostante le presidenze di Václav Klaus (2003-2013) e di Miloš Zeman (in carica dal 2013) la Repubblica Ceca non ha mai perso lo status di Paese sostenitore delle politiche occidentali assistendo comunque i Paesi della zona Orientale. Klaus aveva infatti  espresso la voglia di abbandonare la Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea e Zeman, dal suo canto, è  andato contro tutti i membri dell UE opponendosi alle sanzioni antirusse durante la Guerra in Ucraina Orientale.  La società ceca ha comunque sempre appassionatamente supportato l’idea di un’ Unione Europea consolidata e forte. Dal 2013, però, la situazione è cominciata a cambiare. Il primo segnale di tale cambiamento da parte dell’ opinione pubblica è stata la crescita dell’ euroscetticismo. Come è  emerso da alcune ricerche, nel 2016, soltanto il 25% dei cechi sostenevano l’UE e questo risultato è quasi due volte più basso degli anni precedenti. Questo dato si è rafforzato, inoltre, dopo il Brexit.

Il secondo punto sul quale sia  l’opinione pubblica che il governo Ceco si sono trovati d’accordo è stato quello relativo  alla questione delle quote migratorie. La posizione emersa è stata infatti contraria alla politica di Bruxelles e a quella di tutti gli altri Paesi del Gruppo di Visegrád .
Per questi motivi, ed a causa della crescente influenza russa in Repubblica Ceca (in particolare nel settore economico ed energetico), le elezioni parlamentari del 2017 hanno avuto una grande importanza sia per l’UE che per i Paesi dell’Europa Orientale.

Le tendenze del periodo pre-elettorale sono state espressamente anti-immigrazione includendo anche elementi anti-religiosi (No all’Islam; No al Terrorismo). 

Prima delle elezioni, vi era una coalizione governativa formata da tre partiti: Partito Socialdemocratico, ANO 2011 ed Unione Cristiana-Democratica. Negli ultimi quattro anni, il presidente del consiglio dei ministri è stato Bohuslav Sobotka, il quale, dal 2016, ha avuto sempre meno appoggio all’interno del governo e, per tale ragione, ha abbandonato la posizione di capo del partito Socialdemocratico sei mesi fa.  

Non è stata una sorpresa dunque la vittoria del partito ANO 2011 di Andrej Babiš con il 29.6% dei voti che gli è valso 78 dei 200 seggi della camera bassa. Babiš è un politico ed un businessman il quale è considerato la seconda persona più ricca della Repubblica Ceca con un patrimonio di 2 miliardi di Euro. Il 63-enne imprenditore ceco possiede inoltre una media holding e, secondo gli osservatori locali, era solito utilizzare tutte le sue risorse per il raggiungimento dei propri obiettivi politici. Babiš è  stato Ministro delle Finanze poi cacciato dal governo Sobotka. Il suo nome è inoltre associato agli scandali legati agli abusi di fondi della UE e all'accusa di aver lavorato, sotto il vecchio regime, per la polizia segreta.

Al secondo posto, è arrivato il Partito Democratico Civico con l'11,3%, poco avanti al Partito dei pirati (10,8%), il quale ha un’impronta radicale ed antieuropeista. Il Partito della Libertà, invece, ha ottenuto il 10,7%. Infine il partito del premier uscente Bohuslav Sobotka ha ottenuto solo il 7,5%.
I risultati delle elezioni legislative hanno creato un clima molto meno prevedibile rispetto agli anni precedenti. La maggioranza dei parlamenti è in cerca di alleati per gestire le crisi europee in maniera radicale e le politiche euroscettiche sono sempre di più.

L’era di Havel è finita ...