Nella puntata di Petrolio Antivirus, andata in onda sabato 28 marzo su Rai2, è stato trasmesso un servizio realizzato dalla tv franco-tedesca Arté sulla situazione del contagio da Covid-19 nel bergamasco.
Immagini che, meglio di qualsiasi parola, hanno evidenziato l'attuale situazione di emergenza... soprattutto in Lombardia. Le riprese di Arté non hanno registrato ciò che accade negli ospedali, ma quello che accade nelle abitazioni private, seguendo per un giorno gli interventi effettuati dai soccorritori di una unità del 112.
Che cosa abbiamo potuto vedere?
Tempi di risposta alle chiamate in codice giallo con ritardi fino ad oltre 2 ore per mancanza di mezzi e personale, a causa dell'elevato numero di interventi richiesti.
Persone molto anziane con gravi difficoltà respiratorie che vengono lasciate a casa, su decisione dei familiari, perché il loro destino appare segnato e se venissero portate in ospedale finirebbero per morire da sole, senza avere vicino i propri cari.
E per queste persone, come per altre più giovani che potrebbero invece tentare di superare la malattia nelle proprie abitazioni, non sono disponibili né bombole d'ossigeno che potrebbero aiutarle a respirare, né farmaci sperimentali utilizzati negli ospedali, perché non ci sono medici che possano intervenire per dar loro assistenza e verificarne il protocollo di applicazione.
E così per chi non riesce a respirare, l'unica strada rimane il ricovero... senza sapere però dove una persona andrà a finire, oltre a quale sarà la sua sorte.
E per capire quale sia il dramma, sono state sufficienti le ultime immagini del servizio di Arté che mostravano un uomo di 41 anni che veniva portato in ospedale mentre la moglie e due bambini piccoli che, pur mantenendosi a distanza, lo salutavano prima che lo sportello dell'ambulanza venisse chiuso, senza avere la possibilità di accompagnarlo, senza avere la possibilità di andarlo a trovare, senza sapere se lo avrebbero mai più rivisto!
Una breve considerazione in chiusura.
Chi gestisce l'emergenza sta concentrando le risorse unicamente sul ricovero ospedaliero, tralasciando completamente la possibilità di organizzare una soluzione di assistenza domiciliare con personale specializzato che possa consentire di superare la malattia per i malati meno gravi, ma comunque bisognosi d'ossigeno, all'interno delle proprie abitazioni.
Naturalmente non è una critica e neppure l'indicazione di una soluzione alternativa migliore a quella in corso. Però, visto che molti ospedali sono diventati lazzaretti che mettono a rischio anche gli altri ricoverati non per Covid-19, non sarebbe del tutto illogico pensare anche ad una soluzione da affiancare a quella del ricovero, con la creazione di unità mediche dotate di bombole di ossigeno e materiale protettivo adeguato che consenta loro di operare in sicurezza per applicare i protocolli di cura finora utilizzati.
Quindi, concentrarsi "anche" sulla produzione e fornitura di bombole d'ossigeno oltre che su quella di macchine per la respirazione artificiale, forse, non sarebbe illogico, perché potrebbe allentare la pressione sugli ospedali. E per i medici? Se ne sono offerti 8mila pochi giorni fa...