Bisognerebbe essere il più possibile accurati nell’analisi sull’industria meccanica localizzata nella zona industriale di Bari e nella Città metropolitana, evitando di estendere alle loro aziende risultanze di indagini macroterritoriali riferite in prevalenza ad altri contesti del Mezzogiorno, e per giunta compiute solo fra le società iscritte all’associazione nazionale che ha promosso un recente studio sul tema, quando invece è noto che qualche multinazionale insediata a Bari non è iscritta ad essa, come del resto numerose Pmi, mentre molte altre lo sono ad organizzazioni diverse e molte altre ancora non sono iscritte ad alcuna associazione.

Pertanto, sulla base di informazioni acquisite personalmente da chi scrive visitando le fabbriche o dialogando con loro titolari e dirigenti si può evidenziare che nelle settimane del lockdown non tutti gli stabilimenti, come vedremo fra breve, sono stati fermati mentre, all’incirca dalla metà di maggio, si è venuta determinando una situazione definibile di progressiva ripresa, sia pure non ancora ai massimi livelli delle capacità produttive di alcune grandi industrie e di molte Pmi.  

Alcuni big player dell’automotive come Magna (ex Getrag) e Marelli - dopo aver contribuito lo scorso anno ad esportazioni dalla Puglia di componentistica per 1.019 milioni, con un incremento del 50,4% rispetto al 2018 - essendo pertanto inserite nelle catene del valore delle maggiori case automobilistiche internazionali, a fronte della temporanea caduta della loro domanda, hanno sospeso la produzione nelle settimane della pandemia più acuta; ma non appena è ripartita la costruzione di autoveicoli delle loro committenti hanno ripreso l’attività, anche se mancano tuttora all’appello specifiche commesse di grandi dimensioni come quelle della Mercedes e della Renault per la Magna che però ha riportato al lavoro i suoi 850 occupati diretti e alcuni interinali, pur facendo ricorso a qualche giorno di cassa integrazione. 

Nel 2019 il sito della Magna ha prodotto 875.000 sistemi di cambio con un fatturato salito dai 568 milioni del 2018 agli 850 dell’anno successivo.  

La TD-Bosch - che continua ad essere impegnata anche dopo la sua riapertura a contenere con varie misure la flessione di domanda di pompe common rail per motori diesel, a causa di una persistente ma ingiustificata ostilità sui mercati internazionali contro quel tipo di propulsore - ha chiuso il 2019 con 243  milioni di ricavi, mentre il CVIT, il suo centro ricerche, si è attestato a 32 milioni di fatturato. Lo stabilimento della multinazionale tedesca - che per numero di occupati è tuttora il più grande della zona industriale del capoluogo - dovrà essere difeso con il suo patrimonio tecnologico con determinazione da forze sociali e istituzionali del territorio e dal Governo perché per la sua storia rimane un vanto del manifatturiero locale. 

Qualche fabbrica invece di altri gruppi multinazionali ha continuato a produrre con il permesso prefettizio e l’adozione delle misure di sicurezza previste per i suoi addetti  perché legata in filiera a industrie di settori strategici come, ad esempio, quello della raffinazione.

E’ il caso del sito barese della BHNuovoPignone, leader mondiale nella progettazione e costruzione di pompe, valvole e sistemi per l’energia che ha proseguito l’attività con i suoi 277 occupati diretti - con l’impiego di smart working per i quadri intermedi degli uffici di progettazione ed amministrativi - per assicurare tecnologie e servizi ad aziende di comparti essenziali e strategici che ne avevano acquistato i macchinari. Questa società dell’area industriale barese peraltro, grazie ad una politica commerciale molto aggressiva perseguita sul mercato mondiale dal top manager della fabbrica, ha già acquisito un portafoglio commesse per almeno un anno, in un mercato mondiale come quello dell’oil&gas sottoposto a forti oscillazioni ormai quasi quotidiane nel prezzo del barile.

Nella multinazionale SKF una parte delle maestranze è stata impegnata anche nelle settimane della pandemia a produrre dispositivi meccanici per imprese committenti che erano in continuità di produzione.

Anche altre Pmi come la Tecnoacciai dell’Ing.Bevilacqua, autorizzata dalla Prefettura e la Minisider di Giampiero Finizio hanno proseguito la loro attività perché legate a commesse di aziende incluse in settori di beni indispensabili. Queste due imprese inoltre partecipano ad un network di società pugliesi impegnate nella realizzazione di apparecchiature per minicentrali elettriche destinate per ora ai mercati esteri, ma di prossimo insediamento anche in Italia.

Nel sito invece della Thermocold, produttrice di tecnologie per il condizionamento, controllata dalla multinazionale statunitense Ingersoll Rand, l’attività è stata sospesa per pochi  giorni, ma gli ordini della società guidata a Bari dall’ing.Gianni Renna sono trainati dalla domanda estera e quelli già acquisiti prima del lockdown hanno consentito una ripartenza su buoni ritmi, anche per recuperare il ritardo accumulatosi con la pausa.

Nel settore dei macchinari per l’edilizia, ed in particolare dei martelloni demolitori, è ripresa l’attività alla Indeco della famiglia Vitulano, divenuta con le sue controllate estere e un fatturato di gruppo di circa 70 milioni nel 2019, una delle maggiori aziende del ramo nell’Italia meridionale, con una sua fabbrica anche negli Stati Uniti. Un’altra piccola impresa dell’area industriale, presente però anche su qualche mercato estero, è la Carmosino produttrice di telai, rimorchi e semirimorchi che ha ripreso l’attività per realizzare mezzi destinati a Paesi dell’Est Europa.  

Nel settore dei biomedicali, spettacolare è stata anche durante il lockdown la performance della Masmec dell’Ing.Vinci che - ferma la sua storica divisione automotive - ha invece lavorato a pieno regime con quella biomed, mettendo a punto e vendendo in tutta Italia decine di pezzi di un dispositivo robotizzato per l’esame rapido di un numero di tamponi molto superiore a quello raggiungibile con metodi tradizionali. Sempre nel ramo dei biomedicali anche la Itel Telecomunicazioni di Leonardo Diaferia a Ruvo ha continuato durante il lockdown le sue attività imperniate su quattro divisioni, producendo in quella Pharma radiofarmaci per curare patologie tumorali, e in quella Linearbeam l’innovativo sistema di protonterapia Hera per il trattamento di altre neoplasie.

In altri comuni della Città Metropolitana hanno conservato apprezzabili livelli di produzioni imprese di engineering come la MBL Solutions a Corato dell’Ing.Maldera, che ha messo a punto fra gli altri un macchinario automatizzato per la produzione rapida di mascherine. E sempre a Corato la SteelTech di Alfonso Cialdella, che costruisce serbatori di varie dimensioni per usi plurimi, ha potuto contenere i giorni di fermo, avendo diverse commesse fra cui un lavoro in corso sul porto di La Spezia insieme ad altre acquisite nel Nord e Sud Italia.

A Mola ha proseguito la sua costruzione di minisatelliti la Sitael del Gruppo Angel Investment dell’Ing. Vito Pertosa, mentre a Grumo la Cos.Eco - divenuta nel corso degli anni une delle maggiori industrie di veicoli ecologici del Centro-Sud guidata dalla famiglia Farella - ha ripreso a ritmi elevati la sua attività, avendo da esitare un portafoglio commesse di rilievo, parte delle quali provenienti anche da acquirenti esteri.

Ma anche il ramo dell’impiantistica ha registrato continuità produttiva di un’impresa come la Tecnomec Engineering di Grumo, fondata dall’Ing.Carlo Martino, che con un fatturato e lavori in corso per circa 70 milioni di euro, opera fra l’altro all’Ilva di Taranto, in altri siti di industrie di processo in Italia e con crescente successo anche in Paesi del Medio Oriente produttori di petrolio, occupando oltre 400 addetti. Ma anche le Officine Tecniche De Pasquale e la Cestaro Rossi, entrambe di Bari, impegnate con contratti poliennali in manutenzioni di raffinerie in esercizio, hanno mantenuto le loro posizioni durante il lockdown.

Buone le commesse già in portafoglio per altre Pmi del Barese, dalla Ifac di Acquaviva (furgoni isotermici) alla Bawer e alla Molitecnica Sud di Altamura, quest’ultima produttrice di impianti molitori destinati alle numerose industrie del settore presenti nella città, ma esportati anche in altri Paesi.

Insomma, pur se con alcune fermate in qualche grande fabbrica causate dal venir meno della domanda di componentistica automotive, e nonostante taluni rallentamenti nei cicli di lavorazione di molte Pmi, si può attendibilmente affermare che gran parte dell’industria meccanica della zona industriale del capoluogo e della Città metropolitana ha manifestato nei mesi della pandemia più acuta e nelle settimane successive della riapertura elevate capacità di resilienza e di forte rilancio, anche perché molte di quelle aziende negli anni più recenti hanno promosso investimenti in tecnologie avanzate tramite contratti di programma, riservati alle grandi imprese, e Pia - destinati invece alle PMI - incentivati dalla Regione con i fondi comunitari del ciclo 2014-2020 e le cui domande sono state istruite da Puglia Sviluppo. Il sistema di incentivazione della Regione è definito dagli imprenditori - per ampiezza di strumenti messi a disposizione e obiettivi perseguibili da grandi società e piccole e medie imprese che ne utilizzano gli incentivi - uno dei migliori in assoluto dell’intero Paese. 

Federico Pirro – Università di Bari