La tempesta sul ddl Zan è la perfetta spiegazione di quanto sia assurdo questo Paese e molti di coloro che vi abitano.

A seconda dell'appartenenza politica molti italiani parlano a sproposito del disegno di legge Zan come una specie di spartiacque che può causare, a seconda dei punti di vista, la difesa per alcune persone da reati associabili all'omotransfobia o la fine della famiglia tradizionale così come è stata finora propagandata.

Si tratta banalmente di disegno di legge di pochi articoli che vuol punire chi promuova o pratichi discriminazione e violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità oltre a favorire misure che promuovano culturalmente la presenza e l'accettazione della diversità. Non potrà impedire, fisicamente, al delinquente di turno di aggredire un omosessuale e neppure intellettualmente, a chi lo ritenga opportuno, di esprimersi contro l'omosessualità.

Ma per il Vaticano e per quei politici paladini delle libertà, purché non siano riconosciute e riconoscibili con dei diritti se associati a delle categorie di persone che siano catalogabili come minoranze, il ddl Zan sarebbe un testo che violerebbe persino la Costituzione. In una nazione "normale", quel disegno di legge non solo sarebbe stato approvato senza tante storie, ma forse sarebbe stato citato solo di sfuggita nelle cronache parlamentari.

Invece, nell'Italia dei preti e dei postfascisti la sua approvazione sembra che corrisponda alla fine del mondo.

Le due categorie appena citate hanno in comune l'incertezza, una volta approvata la legge, di poter continuare a scagliarsi contro i diversi, a partire dagli omosessuali. Secondo loro, la legge limiterebbe la possibilità di espressione, anche se non è comprensibile in che termini, visto che nell'articolo 4 (pluralismo delle idee e libertà delle scelte) è scritto:

"Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti".

Forse preti e postfascisti pretendono debba loro esser consentito di urlare "dagli al frocio", come garanzia del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione? Eppure è di questo che, paradossalmente, stiamo ragionando. Inoltre, ai preti, sta sulle scatole che nell'articolo 7 venga istituita "la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione".

Questo perché, come indicato al comma 3, le scuole, pertanto anche quelle cattoliche, sono chiamate a celebrarla con cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa.

Chi si oppone al ddl Zan, pertanto, lo fa perché vuole semplicemente opporsi al riconoscimento dei diritti di chi è minoranza. 

L'aspetto ironico della vicenda è che i partiti che si oppongono a quel disegno di legge sono gli stessi che inveiscono contro coloro che definiscono "clandestini" perché, tra l'altro, sono musulmani che verrebbero in Italia per imporre un regime teocratico basato sul Corano e sulla sharia. Sono gli stessi politici che, rosario alla mano, applaudono al Vaticano che vuole imporre al Parlamento italiano ciò che che i preti ritengono opportuno per la chiesa cattolica!

Per concludere, va ricordato che al Senato, rispondendo alle dichiarazioni del dibattito seguito alle comunicazioni da lui espresse in  vista del Consiglio europeo del 24 e 25 giugno, il premier Draghi ha così liquidato la questione del ddl Zan:

"Mi soffermo un momento sulla discussione in corso in questi giorni in Senato, senza voler entrare nel merito della questione. Ciò che, però, voglio dire, specialmente rispetto agli ultimi sviluppi, è che il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale.Quindi, il Parlamento è certamente libero di legiferare e di discutere: sono considerazioni ovvie, queste. Il nostro ordinamento contiene inoltre tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa. Vi sono quindi i controlli preventivi di costituzionalità nelle competenti Commissioni parlamentari: è di nuovo il Parlamento che, per primo, discute della costituzionalità.Poi ci sono i controlli successivi della Corte costituzionale. Voglio infine precisare un punto che si ritrova in una sentenza della Corte costituzionale del 1989: la laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso; la laicità è tutela del pluralismo e delle diversità culturali. Infine, per completare l'informazione: ieri l'Italia ha sottoscritto con altri 16 Paesi europei una dichiarazione comune in cui si esprime preoccupazione sugli articoli di legge in Ungheria che discriminano in base all'orientamento sessuale. Queste sono le dichiarazioni che oggi mi sento di fare senza ovviamente entrare nel merito della discussione parlamentare. Come vedete, il Governo la sta seguendo, ma questo è il momento del Parlamento, non del Governo".