Come visto nella parte precedente l’etica è essenzialmente distinzione tra bene e male. Uccidere è male, rubare è male, odiare è male, negare l’aiuto è male, la guerra è male, provocare un qualunque male agli altri è male. Questi e altri sono tutti comportamenti eticamente immorali, e pertanto non trovano alcuna giustificazione per chi li compie volontariamente, li promuove o indirettamente li determina, deliberatamente o in maniera subdola.

Le norme etiche, essendo innate e condivise da tutto il genere umano, sono state facilmente codificate nel diritto dei vari paesi liberi e democratici, come memento alle violazioni. E laddove non fossero violazioni riconducibili al singolo, ed eventualmente punibili, sono state impresse come valori per l’intera comunità. Si pensi ad esempio all’art. 11 della nostra Costituzione, dove è stato sancito il ripudio alla guerra (nda: ciò non significa negare aiuti, anche militari, a chi si difende da aggressioni, ma in questi casi attivarsi anche con sforzi sovrumani per trovare soluzioni diplomatiche di pace).

Proprio sulle Costituzioni dei vari paesi possiamo dire che esse sono sommamente ispirate all’etica, poiché concepite quasi sempre al culmine di efferati conflitti che hanno imposto all’uomo una profonda riflessione. Momenti in cui centinaia di persone con idee molto diverse tra loro riuscivano a incontrarsi e discutere mettendo da parte le ideologie e osservando la praticità dell’etica. Stabilendo così norme buone per tutti i cittadini che stavano rappresentando in quel momento fatidico della loro storia.

Dopo questi momenti magici sarebbe stata la politica a doversi occupare di attuare ogni dettato imperativo di quelle preziosissime Carte, di cui l’Italia possiede probabilmente la più ispirata e bella del mondo.

Politica è un termine che nasce nell’antica Grecia. Sempre lui, Aristotele, ne diede la prima definizione nel suo trattato “Politica” come strumento tecnico per amministrare il bene collettivo. Questo straordinario allievo di Platone, che aveva i piedi ben piantati per terra e fu lo stesso che diede i natali all’etica, concepì la politica come strumento attuativo dell’etica. Politica ed etica li ha inventati e legati indissolubilmente nei suoi due trattati omonimi.

Non c’è tanto da filosofare (speculare) su questo. Non c’è proprio scampo. Non ci sbagliamo nemmeno oggi dicendo che la politica è strumento per perseguire l’etica. Anche perché se non fosse questo, cosa sarebbe? Uno strumento di tortura? Un mezzo per arricchire i politici e i loro amici? Un modo per urlarsi contro ogni impropero? Creare disuguaglianze? Parlare e litigare nei talk-show? Impoverire un lato e arricchire l’altro?

Insomma, se non siete d’accordo, e senza scomodare l’intero assetto intellettuale degli ultimi 25 secoli, scegliete pure cosa sia per voi la politica. Fermatevi a quello; siate solo consapevoli che se votate, o non votate, lo fate per quello che avete stabilito tramite la vostra idea magica della politica. Ma volenti o nolenti ne sarete comunque alla sua mercé.

Altrimenti proseguiamo.

Ridotta all’essenziale e senza fronzoli, la politica è dunque attuazione dell’etica. L’etica, del resto, è indipendente dallo spettro politico: non è né di destra, né di sinistra, né di qulaunque altra sua sfumatura. Lo spettro politico è sacrosanto perché è un campo filosofico dove si diversificano e maturano le ideologie, il pensiero e le idee politiche finali, le quali si devono solo obbligare a conseguire sempre un risultato etico. Se un’azione politica non è utile a conseguire tale risultato, non importa a quale spettro appartenga ma va dichiarata immorale senza se e senza ma.

Essere di destra o di sinistra significa semplicemente questo: credere che i principi e le idee di una certa corrente di pensiero politico portino al compimento del risultato etico, dal quale non si transigge.

Tuttavia, quando una misura politica viene dichiarata o applicata, in tal caso figlia del governo di turno, è dovere di ciascun cittadino chiedersi e capire se tale misura sta effettivamente conseguendo un risultato etico. Facciamo un esempio di cronaca epurato dalle polemiche e dalle condotte oltraggiose.

L’idea dell’attuale governo è quella di aiutare i disoccupati a trovare un lavoro. Per farlo, però, ha deciso di usare il sistema della colpevolizzazione: sei tu, disoccupato, che devi sentirti in colpa; probabilmente non vuoi lavorare. Per cui ha deciso che da settembre offrirà ai disoccupati, e per un periodo limitato, una cifra simbolica e ampiamente al di sotto di qualunque soglia di povertà. In tal modo intende umiliarli per incentivarli a trovarsi un lavoro, qualunque sia l’orario, la paga e i diritti garantiti.

L’etica violata è scioccante. Peraltro fissata anche come valore nella Costituzione: «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di [...] disoccupazione involontaria» (art. 38, comma 2).

Con la cifra che intende dare il governo, precisamente di 375 euro, è ovvio a chiunque che non saranno garantiti i mezzi adeguati e le relative esigenze di vita. Inoltre, con i limiti di sospensione imposti che arriveranno fino a 18 mesi di pausa tra una richiesta e l’altra, si toglie anche questa elemosina nel caso perdurasse la disoccupazione involontaria. Ed è dovere altrettanto etico aiutare il cittadino a trovare tale occupazione, perché non si può affatto abbandonarlo a se stesso e all’ipotesi che sia lui a non voler lavorare. Etica, anche questa, fissata nella nostra Costituzione (artt. 1, 3 e 35).

Accanto a queste violazioni etiche ci sono quelle determinate dal modo in cui viene speso il denaro così risparmiato. Circa 3 miliardi l’anno, a quanto pare, disponibili da questo risparmio sull’assegno di disoccupazione (e così che andrebbe chiamato, e non l’ex REI, l’attuale RdC, o questo “Mia” in itinere), andranno a finire nelle tasche di cittadini che già hanno di che vivere. Un surplus, o una compensazione rispetto al carovita delle recenti crisi (innalzamento flat-tax, condoni, bonus vari, etc.). Dunque chi già possiede e bene o male può vivere viene aiutato, mentre chi sta malissimo viene condannato a stare peggio. Se mai sarà possibile un peggio sull’attuale condizione.

E ancora, ulteriori e ben peggiori violazioni etiche si osservano nel lasciare intatti i patrimoni dei super ricchi, in un periodo in cui, se è vero che mancherebbero risorse economiche anche per sanità e scuola, il governo dovrebbe immediatamente andare a intaccare aumentandone la relativa tassazione. Il contrappunto di raschiare solo gli spiccioli dalle tasche di chi non ha nulla è davvero scioccante per la sua eclatante immoralità.

Non indugiamo oltre su questo esempio.

L’etica vuole che l’azione politica, a prescindere dalle ideologie, crei situazioni di giustizia ed equità. Chi chiede aiuto va aiutato e mai colpevolizzato, e la comunità (governo) che non se ne prende cura è colpevole senza possibilità d’appello.

Siate pure di destra o di sinistra, ma se osservate un provvedimento eticamente immorale, dissociatevi da esso e unitevi a chi è stato colpito da quel provvedimento. Diversamente, il vostro atteggiamento è immorale esattamente come la politica che seguite e che attua sistemi di disuguaglianza sociale. A ben vedere: di macelleria sociale!

Queste righe non muteranno certamente l’atteggiamento di chi non si fa scrupoli etici, campando sopra coloro che non hanno denaro, sfruttandoli, e magari gioendo anche della loro condizione; chi è privo di scrupoli è peraltro pavido e prono verso i “potenti”, ossia quelli in una posizione appena migliore della loro. Non era questo lo scopo di questi due scritti. Era la speranza. Perché in mezzo ai pochi irriducibili che la società ha colpevolmente formato storti, c’è la maggioranza stanca, sopita, silenziosa, delusa, disagevolmente egoista o dispatica, ma che comunque sa ragionare e riflettere. O che lo sta facendo proprio adesso.

Lo sapete bene, oggi, chi sta compiendo scelte eticamente immorali.
Non voltatevi dall’altra parte!


📸 base foto: Illustrazioni di Gordon Johnson e Chau Vien da Pixabay