Pensavo di leggere "pensione a 66 anni" e magari un anno da dedicare alle giovani leve, invece leggo di prorogare la pensione per i medici, anche se su base volontaria, fino a 72 anni. Mi chiedo chi potrebbe avvalersi di un simile provvedimento... oltre a scaldasedie... burocrati, primari, baroni ospedalieri, ecc.

La manovalanza della sanità, quelli che fanno le guardie a Natale, a Capodanno, a Pasqua, quelli che fanno i turni di notte... non credo che possano continuare a praticare tali attività fino ad oltre 70 anni. Che dire, sono completamente basito.

Questo accade quando si pongono i baroni a capo della Sanità. La sanità va gestita dal manovale, dal medico del territorio o del pronto soccorso. Ma è tanto complesso pensare che bisogna dare spazio vero ai giovani, che questi devono sostituire i vecchi e pagare loro la pensione? Siamo in una situazione semplicemente vergognosa. Dopo 41 anni di professione mi sento stanco, inizio ad avere problemi di artrosi, mi sveglio tardi al mattino e ho qualche momento di "non ricordo" dovuto all'età che tengo per me.

Per questo, leggere di mandare in pensione i medici a 72 anni è mi fa dire che sia una decisione da imbecilli, anche in considerazione che il loro lavoro ha dirette conseguenze sulla salute e sulla vita degli assistiti. Devo purtroppo raccontare anche che ho ricevuto diversi sms e messaggi vari...e sembra che molti " colleghi " siano desiderosi di essere li a lavoro fino a 72 anni! Rispetto ovviamente tutte le idee ma ho troppe perplessità. Io davvero credevo in una pensione a 65 ... altro che a 72!

Ecco l'intervento, troppo soft a mio giudizio, del presidente FNOMCEO...


“Medici in pensione a 72 anni? Se l’intento è quello di colmare la carenza di personale, è una misura inefficace. La soluzione vera è quella di rendere attrattivo il sistema”.Così il Presidente della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, interviene nel dibattito suscitato dagli emendamenti al Milleproroghe volti a innalzare, in via temporanea, l’età pensionabile dei medici del Servizio Sanitario nazionale.“Se invece l’obiettivo – aggiunge – è quello di dare una boccata d’ossigeno al sistema, nell’attesa che, tra tre o quattro anni, arrivino i nuovi specialisti e medici di medicina generale che si sono formati grazie all’aumento delle borse, la misura può avere un senso. In ogni caso, meglio un medico ultrasettantenne, ma abilitato e con esperienza, di un medico extracomunitario assunto senza certezza dei suoi titoli, della conoscenza della lingua italiana e non iscritto ai nostri Ordini, o di un altro professionista messo a fare il lavoro del medico”.Una sorta di “male minore”, dunque, che secondo il Presidente FNOMCeO può essere accettato, a precise condizioni: “la temporaneità, la volontarietà, e l’impegno a migliorare, in questi tre anni, le condizioni di lavoro dei medici, in ospedale e sul territorio”.“Quella di far lavorare i medici oltre i settant’anni non può diventare la normalità” spiega Anelli, che già nel 2018 aveva, con la campagna di comunicazione sui “medici centenari”, profetizzato la situazione. “Il paradosso dei colleghi dal volto pieno di rughe che, in camice bianco, ci guardavano dai manifesti nelle nostre strade e piazze, voleva sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica sul rischio che, da lì a poco, non ci sarebbero più stati medici a curarci. Ora la finzione è diventata, drammaticamente, realtà e non possiamo girarci dall’altra parte”.“Quella di aumentare, sino al 2026, l’età pensionabile per i medici del Servizio sanitario nazionale – conclude Anelli – può essere una misura “tampone”, per dare tempo ai nuovi specialisti di formarsi, ma non è la soluzione alla carenza di medici. Metterla in atto senza investire nel sistema, senza riformarlo, sarebbe una politica miope, perché non farebbe che aggravare la situazione; inefficace, perché sarebbe come curare un malato grave con un pannicello caldo; e ingiusta, perché non possiamo chiedere a chi ha già dato tanto ulteriori sacrifici, senza preparare ai giovani un futuro migliore. Occorre una riforma strutturale del sistema, che investa sui medici e sui professionisti, che ne costituiscono la linfa vitale”.


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