Il matrimonio s'ha da fare e, quasi certamente, si farà. A rappresentare Renzo e Lucia sono FCA e PSA, quelle che una volta si sarebbero chiamate Fiat e Peugeot, prima che Fiat diventasse una società anglo-olandese con il principale mercato negli Usa e la Peugeot una società in parte cinese.

In breve i numeri delle due aziende:

FCA
- MARCHI: Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, Ram e Maserati
- STABILIMENTI: 102
- DIPENDENTI: 199.000 (60.000 in Italia)
- FATTURATO: 110 miliardi di euro nel 2018
- AUTO VENDUTE: 4,8 milioni

PSA
- MARCHI: Peugeot, Citroen, Ds Automobiles, Opel e Vauxhall
- STABILIMENTI: 45 (assemblaggio e componentistica)
- DIPENDENTI: 211.000 (68.000 in Francia)
- FATTURATO: 74 miliardi di euro nel 2018 (+18,9% sul 2017)
- AUTO VENDUTE: 3,9 milioni (il 90% in Europa)


Con questa fusione, il nuovo gruppo diventerà il quarto produttore mondiale, con poco meno di 9 milioni di vetture.

Dopo il fallito tentativo di matrimonio tra Fiat e GM, di recente FCA aveva provato ad unirsi con il gruppo Renault, ma in quel caso la trattativa non andò avanti per le perplessità di Nissan, socio dell'azienda francese. Con la Peugeot di ostacoli non sembrano esserci.

Inoltre, gli analisti vedono positivamente l'accordo perché FCA e PSA, unendosi, completerebbero la loro offerta, senza andarsi a scontrare sugli stessi segmenti di mercato. A PSA si aprirebbe così il mercato Usa, mentre FCA potrà trovare vantaggi nello sviluppo di veicoli elettrici dove rispetto alla concorrenza era partita in ritardo.

Il nuovo gruppo sarà guidato da Carlos Tavares, attuale a.d. di PSA, mentre John Elkann coprirà il ruolo di presidente. Inoltre, come riporta il Sole 24ore, nel caso che l'accordo vada in porto, FCA starebbe valutando 5,5 miliardi di euro di dividendi straordinari per gli azionisti, di cui 1,65 miliardi ai soci della controllante Exor (famiglia Agnelli). PSA potrebbe invece distribuire ai propri azionisti 2,7 miliardi derivanti dallo spin off o dalla vendita del suo 46% nella società di componentistica Faurecia.

L'unione con PSA, infine, sarebbe per FCA il completamento del progetto che Marchionne aveva disegnato per la crescita del gruppo, ritenendo insostenibile, in futuro, la presenza di un produttore che non avesse raggiunto almeno i 7 milioni di veicoli prodotti in un anno.


Tutto bene, allora? Per gli azionisti (soprattutto i grandi azionisti) delle due società sicuramente. Potranno però i dipendenti di PSA e FCA dormire in futuro sonni tranquilli?

Le fusioni per i dipendenti hanno come rovescio della medaglia l'ottimizzazione dei costi, ottenuta attraverso l'ottimizzazione della forza lavoro, ovvero tramite la razionalizzazione di compiti e competenze... la robotica la diamo come fatto già acquisito.

Pertanto i lavoratori di PSA e FCA dovrebbero già iniziare a preoccuparsi solo per questo. Però bisogna considerare che PSA è partecipata sia dallo Stato cinese che da quello francese, con quote del 12%. Può Parigi dare l'ok alla fusione senza le dovute garanzie occupazionali? Difficile crederlo.

Invece, FCA con le istituzioni italiane non ha alcun vincolo e nessun obbligo che le possa impedire, se lo ritiene conveniente, di diminuire il numero dei dipendenti in Italia.


Il vicesegretario generale della Cgil, Vincenzo Colla, a tal proposito ha rilasciato una dichiarazione in cui fa trasparire tutta la sua preoccupazione al riguardo: «Mi sembra che di là ci sia un governo che sia già intervenuto e che abbia detto "non si toccano i lavoratori". Forse è giunto il momento che anche il nostro governo dica lo stesso.

Ad ogni fusione noi abbiamo un tremolio. Facciamo le fusioni, va bene, ma le economie di scala le facciamo non sulle piattaforme meccaniche, sulla tecnologia, ma le facciamo sui lavoratori. C'è qualcosa che non va.

È necessario che questo gruppo sia in grado di stare in Europa e abbia economie di scala commerciali. E abbiamo bisogno di stare nella grande catena dell'automotive, che sarà elettrico e a idrogeno... lì dobbiamo discutere su cosa vuol dire Fca-Peugeot».