Il voto per le politiche in Israele di martedì 23 marzo è stato il quarto in due anni, da aprile 2019. I risultati delle precedenti elezioni avevano regalato la vittoria al Likud di Netanyahu, ma senza i voti sufficienti per formare un governo stabile. Del resto l'attuale premier ha perso parte del favore popolare anche a causa di tre diverse accuse di corruzione, per le quali è chiamato a difendersi in giudizio.
Comunque anche stavolta il Likud di Benjamin Netanyahu, in base ai sondaggi, era destinato a vincere le elezioni ma sempre senza i seggi necessari per dar vita ad una maggioranza.
Sul fronte opposto, il blocco anti-Netanyahu, è formato da un gruppo eterogeneo di partiti di sinistra, destra e centro che, anche se ottenesse i numeri per formare un governo, avrebbe molte difficoltà a stilare una proposta politica condivisa.
Quindi, già prima della chiusura delle urne di questa elezione, c'era già chi, tra gli "esperti", parlava della possibilità di una quinta elezione, con gli israeliani che cominciano ad essere un po' stanchi di questa situazione come ha dimostrato l'ultimo dato sull'affluenza, registrato alle 20 ora locale, prima della chiusura delle urne. Solamente il 60,9% degli aventi diritto si era recato a votare, il numero più basso dal 2009. Nelle precedenti elezioni tenutesi nel marzo del 2020, la percentuale dei votanti era stata del 65,6%.
A causa della crisi economica dovuta alla pandemia che attanaglia anche Israele, Netanyahu stavolta, per la sua rielezione non ha puntato sull’espansione delle colonie e l’annessione di ampie porzioni della Cisgiordania palestinese e neppure sul cosiddetto accordo di Abramo con quattro paesi arabi, bensì sulla campagna vaccinale. Proprio sui vaccini ha investito circa 800 milioni di dollari, comprandone 10 milioni di dosi dall'americana Pfizer, con la promessa che Israele sarebbe uscito dalla fase acuta del contagio entro marzo. E il ritorno del paese, proprio in questi giorni, a una quasi normalità faceva prevedere che ci sarebbero stati riflessi positivi per il Likud,
Così è stato, ma anche stavolta sembra difficile che Netanyahu possa formare un governo stabile.
Il partito di Netanyahu nei primi exit poll è dato in media al 32%, con quasi il doppio dei voti di Yesh Atid, il partito di opposizione di Yair Lapid, seconda forza politica in termini di voti ricevuti. Il resto degli altri partiti ha ottenuto, in media, la metà dei voti di Yesh Atid, attestandosi tra il 6% e il 9%.
A meno di sorprese, pertanto, per l'ennesima volta sembra molto complicato riuscire a mettere insieme i 61 voti necessari ad ottenere una maggioranza alla Knesset. Il Likud insieme alla destra sionista e ultraortodossa, nel caso venissero confermati i dati degli exit poll, si attesterebbe poco al di sotto dei 55 seggi. I voti mancanti potrebbe ottenerli da Yamina di Naftali Bennett, che però non sembra essere più in sintonia, come un tempo, con Netanyahu.
Pertanto, anche il quarto ritorno alle urne in due anni, già fin d'ora, sembra esser stato del tutto inutile.