Salute

Brusaferro, ISS: "A fronte di un numero molto elevato di nuovi casi Covid, la pressione sulle terapie intensive è ancora contenuta"

Oltre ai dati del contagio da Covid del monitoraggio settimanale, venerdì, l'Istituto Superiore di Sanità ha diffuso un'analisi su dati Siaarti relativi a un campione di 167 reparti di Terapia Intensiva.

Lo scorso 5 luglio, il 13,5% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva era positivo per Sars-CoV-2, mentre il 5,1% aveva sintomi gravi riconducibili al Covid-19.

La fotografia viene dai dati del network della Siaarti (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) elaborati dall’Iss. Ha partecipato al sondaggio un campione di 167 reparti di terapia intensiva distribuiti su tutto il territorio nazionale, per un totale di 1.381 pazienti monitorati.

Di questi, 187 (il 13,5%) erano positivi per il virus Sars-CoV-2, tra cui 70 (il 5,1%) presentavano sintomi polmonari o comunque riferibili ad infezione sistemica grave da Covid-19.

"Questi dati confermano che a fronte di un numero molto elevato di nuovi casi la pressione sulle terapie intensive è ancora contenuta - spiega il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro -. Tra i vari fattori questo è certamente dovuto all’elevata immunizzazione ed alla adesione alla campagna vaccinale, con il vaccino che si conferma protettivo nei confronti della malattia grave. Dobbiamo però tenere alta l'attenzione perché con un'alta circolazione del virus il rischio, specie per i più fragili, rimane significativo".

Nelle prossime settimane, la situazione nelle terapie intensive sarà tenuta sotto stretto monitoraggio in collaborazione con Siarti.

Dal 24 agosto 2021 al 6 luglio 2022 sono stati segnalati 659.578 casi di reinfezione, pari al 4,6% del totale dei casi notificati e continua l'aumento della percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati, pari al 10,8%, in crescita rispetto alla settimana precedente (9,6%).

L'analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data di riferimento per l'inizio di Omicron), vede un aumento del rischio in chi ha avuto il Covid da oltre 210 giorni, nei non vaccinati o vaccinati da oltre 120 giorni, nelle donne, nei giovani e nel personale sanitario.

Autore Vincenzo Petrosino
Categoria Salute
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