In ogni situazione occorre essere talvolta intransigenti altre volte è necessario arrivare ad un saggio compromesso che comunque non deve recare un grave danno ad una delle parti.
È stata una fosca visione sul futuro dell’Italia che ha spinto il Presidente della Repubblica ha saltare i preliminari e a dare incarico ad un “esperto” di formare un esecutivo al quale tutta la partitocrazia, (Confindustria in testa) e le principali testate nazionali hanno salutato come “salvatore” non certo della patria ma sicuramente dei loro interessi particolari.
L’elemento che stonava in mezzo a "quell’accrocco" era il M5S spinto ad aderire per salvare il salvabile da un Grillo in preda ad una delle sue visioni che, a conti fatti, finora ha salvato ben poco e ciò che è rimasto del buono realizzato è stato grottescamente stravolto – vedi riforma della giustizia, normativa sulle delocalizzazioni, manovra finanziaria – ma stranamente nelle interviste rilasciate dagli eletti del Movimento invece emergeva una certa soddisfazione per i risultati raggiunti dimostrando dapprima una inadeguatezza e miopia, gradualmente una propensione al compromesso al ribasso, oggi si può ben dire che si sono allineati alle decisioni di un esecutivo esaltato dai media ma vuoto di contenuti utili per la collettività tutta.
Era inevitabile la proclamazione di uno sciopero generale indetto dai due principali sindacati nazionali al quale hanno aderito molti cittadini. Finalmente si è parlato pubblicamente dei reali problemi del Paese, dopo decenni la piazza è divenuta una vera e propria Agorà dalla quale è partito un forte messaggio ad un vertice ormai estraneo alla realtà del Paese.
È grave che l’ormai ex maggioranza relativa ha taciuto su tale evento al termine del quale l’ex premier Conte ha dichiarato di essere disponibile al confronto: troppo tardi! I giochi sono stati già chiusi, i provvedimenti saranno votati a scatola chiusa tra poco meno di due settimane, non ci sono più i termini per intervenire.
Durante la seduta della giunta per le autorizzazioni si sono astenuti adducendo ipocritamente di non aver avuto a disposizione i fascicoli e ignorando l’eccezione sollevata dal senatore Grasso: ormai hanno perso credibilità.
Molti avevano riposto la speranza per un processo di rinnovamento radicale del Paese nel Movimento per questo lo avevano votato ma chi aveva dato concretezza al programma di governo era stato il premier Conte per questo ha attirato su di sé gli odi dei comitati di affari che gestiscono di fatto la politica e l’economia in Italia: facendosi trascinare nel madornale equivoco del governo dei migliori hanno perso la loro identità.
Occorre comunque sottolineare un difetto strutturale presente sin dall’origine nel Movimento: non sono stati selezionati adeguatamente i candidati – molti “giovani” sono figli o parenti stretti dei “vecchi” che il movimento voleva mandare in pensione - e sin dal suo nascere avrebbe dovuto lavorare sul territorio non solo organizzando per i simpatizzanti improbabili attività culturali e ricreative atte a socializzare ma non ha costruire una coscienza civile e ricercare progettualità per un reale cambiamento dell’ambiente nel quale opera. Passeggiate, corsi di lingue (a pagamento) e altre attività similari servono per passare il tempo non per ricostruire un Paese distrutto da una diffusa mentalità mafiosa che ha alimentato indifferenza, ingiustizie e disuguaglianze.
I cittadini dovevano iniziare a riappropriarsi degli spazzi che gli erano stati sottratti gradualmente dai comitati d’affari che gestiscono le amministrazioni locali a danno del territorio e della libertà d’impresa dei cittadini: non è entrando nella stanza dei bottoni che si risolvono i problemi della collettività ma con il lavoro di tutte le persone di buona volontà.
Lavorando sul territorio costantemente e disinteressatamente si arginano gli abusi, le ingiustizie, gli scempi sulla natura e sulle persone indifese che ogni giorno accadono sotto gli occhi indifferenti di una maggioranza silenziosa, malata di pregiudizi, malgiudicante e complice del malaffare.
Dobbiamo essere noi cittadini comuni a riscattare la politica facendola ritornare alla nobile attività della cura degli interessi generali del Paese, svincolandola dall’essere uno strumento di oppressione e di ricatto com’è stata ridotta da una cricca di individui senza scrupoli; riportare al centro della sua attività l’essere umano e non il profitto.
Le foto scattate ieri durante lo sciopero mostrano i colori della speranza e della volontà di non soccombere alla logica del denaro, ieri le piazze del Paese si sono trasformate in autentiche Agorà (alla faccia di Bettini e dell’addolorato Bonomi) dove si è alzata alta la voce di chi manda avanti il Paese lavorando onestamente, affrontando sacrifici inimmaginabili per mantenere la propria famiglia con dignità e paga le tasse.
Se Conte vuole sopravvivere al governo dei “migliori” è meglio che ritorni parlare e ad agire con chiarezza, abbandoni l’illusione di allearsi con il PD perché gli innovatori sono sempre stati isolati e combattuti, decida da che parte stare e tiri dritto portandosi dietro persone affidabili e oneste. Si convinca che può fare molto ed è l’unico disposto a realizzare quel rinnovamento necessario, chi ha vissuto sulle spalle degli altri non sarà d’accordo e lo combatterà ma non sarà solo e troverà appoggi dove e quando meno se lo aspetterà: occorre aver fede in quello che si vuole realizzare.